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PECE

PECE
La logica si infrange quando non si ha voglia di staccarsi, quando il bisogno e' quello di rimanere aggrappati

ANOMALIE ARMONICHE

ANOMALIE ARMONICHE
SE lO RITIRNI NECESSARIO SONO, MMMMM, SIAMO ANCHE QUI

giovedì 30 aprile 2009

Sono passati gli anni che aveo allora,forse qualcosa in più.A quel tempo vivevo con tre mie amiche e proprio in quella casa in uqel momento c'era Mona.
Dovevo partire per la leva militare.
Avevo salutato mia nonna,che già mi guardava sospettosa.
I miei genitori,che speravano mi facessero fare almeno 36 mesi,pur di avere meno guai.
E gli amici.
Caloroso saluto,festa sui colli a far volare gli aquiloni.
E la notte le mie amiche mi avevano preparato una stanza,dove poter stare con lei e così fu.

Partii,con poca voglia e l'assoluta intenzione che durasse il più breve tempo possibile.
Arrivai con un notevole ritardo alla caserma destinatami.
Jeans lisi dall'uso,cadenti,piercing ,completamente rasato a zero.
Beh,durò poco.
Sei ore di caserma e demolii una vetrata con un pugno e cinque persone che cercavano di trattenere la mia rabbia.Impauriti tutti dalla devastante scena,mi dovetti costituore perchè nessuno intendeva avvicinarmi.
Era venerdì,circa le 21.
Fui portato in infermeria.
7 punti in una mano.
Non mi potevano trasferire alla neuro militare,era il fine settimana ormai e non mi avrebbero accettato.
Così nella fortuna di essermi comunque liberto in fretta ebbi come regalo il trasferimento in manicomio.Quello civile.
Per tre giorni fui imbottito di Valium.40 gocce due volte al giorno.
Calcolando che si sono folle,ma li fingevo la mia pazzia,ne fui devastato.
Allucinazioni,debolezza totale.Tra gli internati un uomo chiamato Cencio,il cui nome descrive il soggetto,una donna anziana che pretendeva farmi da mamma e non mi faceva respirare,un ragazzo che con le mie stesse dosi di tranquillanti saltava come una cavalletta.

Di fianco allo studio della psichiatra,che mi ispezionava due volte al giorno,c'era una porta vetro,che precludeva una stanza isolamento.
Dentro vi era una ragazza molto bella,scattava spesso,il suo viso si deformava e spesso completamente nuda.Isolata da tutti per non fare male, ne farselo.
Il secondo giorno cominciai a connettere,si fa per dire e mi ritrovai cercando di muovere le gambe davanti alla vetrata.
Io e la ragazza ci guardammo.
Lei era incontenibile nella sua epilettica schizzofrenia.
Mi sedetti ai bordi di quel vetro che ci separava.
Si avvicinò piano.
Nuda,con gli occhi che sembravano uscire dalle orbite.
Si sedette anche lei.
I nostri occhi non si staccavano.
In silenzio ci guardavamo e il suo viso si rilassava.Contemporaneamente entrambi appoggiammo la mano sul vetro come fosse uno specchio.Premendo.Cercando il contatto.Quasi un sorriso.
Si accorsero di me e mi riportarono nella mia stanza.Ma ogni volta lasciavo passare un pò di tempo e poi tornavo alla vetrata.E ogni volta venivo riportato indietro.
La notte tutti dormivano.Gli infermieri non si preoccupavano seduti a chiacchierare nella loro stanza e io fui di nuovo là.Appena mi vide anche lei.Ora entrambe le mani si cercavano e quello non era quasi un sorriso.E mi chiedevo che cure le fossero fatte,come fosse seguita,quando bastava un semplice gesto umano di affetto a farla calmare.
Ogni volta che mi portavano via cominciava ad urlare.E quando eravamo di fronte mi studiava.Cercava anche l'odore e quando la mia mano si faceva pesante e si spostava verso il basso la seguiva per non lasciarla andare.Appoggiammo anche la fronte,il naso,lei impresse le sue labbra sul vetro.Non era un bacio era bisogno di contatto,di calore umano,di un soffio che desse un sorriso.

Mi dissero che sarei stato trasferito all'ospedale militare il pomeriggio del terzo giorno.Sapevo che di li a poco sarei stato congedato e avrei potuto raggiungere Mona ancora a Bologna e le mie altre mille follie.
Ero pronto,dire in forze era molto.Feci per andare a salutare la ragazza,fui bloccato dagli infermieri.I militari ,che mi dovevano trasferire ,erano arrivati.Riprovai ,ma nulla.
Allora la rabbia salì spostai gli infermieri e guardandoli gli dissi"Solo un minuto"
Arrivai alla vetrata.Lei dal fondo della stanza mi vide e venne.
Ci attaccammo al vetro entrambi,avreii voluto attraversarlo per stringerla forte.Forse l'abbiamo fatto.
Me ne andai.
Ricominciò ad urlare.

mercoledì 29 aprile 2009


So che non te ne sei mai andato,
che sei dentro di me,
ma sai che dobbiamo reagire.
Scuoti la tua forza,
il tuo grido al dolore.


Guarda in alto
e attraversa le nuvole cariche di pioggia,
dai un senso alle stelle
come in un messaggio indiano,
saranno sempre là in cielo
a guardarci,
come le foglie di un grande albero.

Ora alzati Oren
e guarda ancora il cielo,
fatti bagnare dalla pioggia che ami,
lascia che scorra come il fiume
e guarda la tua Luna.
Quella che c'è
quella per cui si scuote di vita il tuo cuore,
tra il profumo dei prossimi tigli in fiore,
che leccando il tuo dito ne cogli il sapore.

Sappiamo che a questo
non vogliam rinunciare
così dannato
che solo noi possiamo capire
e ancora...
non sono lacrime amare,
ma.....

martedì 28 aprile 2009





Vento.
Vento di mare.
Scirocco sforzato tutto oggi.
Fischia impetuoso.

Poche righe,
neanche con lei ce ne è mai stato bisogno di tante spiegazioni.
Un saluto.
Un addio.

Did i leave the only peace of my heart that what able to love.

Ho solo voglia di farmi male ora.
E non quel male che genera piacere.
E qua sulla riva del mare lascio che sia il vento a sorrreggermi.
Non riesco a pensare.
Non riesco a concentrarmi su quello che faccio.
Su quello che dico.
Sono persino riuscito a fare paura a chi amo.
Perchè mare adesso io piango e confondo le mie lacrime con la sabbia che mi butti sul viso,vorrei entrare in te e lasciarmi andare,ma so che la la tua forza me lo impedirebbe.
Perchè non ero preparato a tutto questo,se mai esiste un momento in cui si può dire sono pronto.Perchè al dolore si somma dolore e questa volte non riesco a reagire.
Ho solo voglia di farmi del male.

E anche se è facile dire: non farlo!Anche se comprendo che è ancor più facile sognarlo.
Sento la mia pelle che cade,sento il sapore del sangue,sento un bacio di morte soffiato nel silenzio del caldo del cuore,sento un bacio di vita nel vuoto dell'impossibile che farebbe male nel suo bene.
Sento le ginocchia piegarsi.
Le lacrime sgorgare mentre afferro la sabbia bagnata.
Dove sei Oren,cazzo dove seiiiiiiiiii?
C'è bisogno di te,ho bisogno di te.

Con il viso immerso nella spiaggia,
mordo manciate di sabbia.
Che peso portare un pezzo di cuore che mi ha sempre amato,
dici: fanne buon uso!
Dove sei Oren?
Abbraccio la sabbia che ha il sapore di te.
Ho solo voglia di farmi del male.

Dannatamente forte.Per sempre.

lunedì 27 aprile 2009


Mentre vedo i tasti abbassarsi e la musica imprime il suo suono nell'aria,il mio corpo si muove al ritmo di un'altra canzone.
E la mia mano si posa sui tuoi capelli e li percorre nella sua lunghezza,tenendone le ciocche tra le dita e poi sparpagliandoli sulle tue spalle per poi raccoglierli ancora.Sono le note a parlare ,mentre le tue dita pigiano i tasti,prima l'avorio del piano,poi l'ottone luccicante.Lo strumento sembra far parte di te ,anche se lo vedo là appeso,nascosto tra la gente,eppure evidente nel suo significato.
E la tua voce intona "cuanto me duele que tu ....".
Fa male anche a me,eppure sappiamo di esserci.
Basta solo allungare una mano,aprirla e po richiudere 4 dita e lasciare che l'indice viaggi per incontrare l'altro.
Perchè è solo il tocco di un istante,quel minuto Que,l'imponenza di un silenzio,l'abbraccio stretto che lascia parlare solo le tue lacrime,la carezza che ti da forza e la potenza di riuscire a darti un sorriso.

Mentre l'aria viene avvolta dal fumo di una Lucky e le labbra si inumidiscono del sapore del mamajuana e nella consapevolezza di averti fatto sentire a casa e il lasciare correre la mente,che non è abbastanza,il bisogno impellente di sentirti,di placare anche per un'istante questo momento.
Di uscire dalla luna nera di un disegno,dalle pagine di un libro che ti tiene compagnia,sarà...così,anche se siamo vicini,sentirai la carezza delle onde del mare,il frusciare delle foglie del mio bosco.

domenica 26 aprile 2009

La mente tenntenna ancora
sfogliando pagine di un libro
che non ferma le sue parole
e lascia pagine bianche
colmate da silenzi,
che parlano
con la voce del dolore.
Un'immagine lontana
di terra che cala,
tonfo sordo
che suona nel cuore.



Un'immagine vicina,
l'acqua che scorre
e con lei la vita,
si aggrappa al mio cuore.


Ho toccato le tue labbra
sentendo l'onda del mare,
il frusciare di foglie tra i rami del mio bosco
e il suono dolce dello sbattere d'ali di una farfalla
che seguiva il pulsare del sangue.

Ho accarezzato il tuo corpo
lasciandomi andare,
ne abbiamo confuso l'odore,
abbiamo lasciato
petali di viole
a coglierne il sapore.


Ogni gesto,
ogni istante,
ogni parola
ha la risonanza del tuo nome,
come le nostre anime
che si sono sfiorate
lasciando l'impronta di un tocco eterno di scapole,
di coscienza
di presenza.

E tutto questo
è reale.

E tu vuoi viaggiarle insieme
vuoi viaggiarle insieme ciecamente
perchè sai che ti ha toccato il corpo
il suo corpo perfetto con la mente.


venerdì 24 aprile 2009


L'altra notte ho provato a dormire,ne avevo bisogno.
Ci sono riuscito a tratti.
Svegliato dal dolore,accarezzato dai sogni.
Il mio pensiero viaggiava.
E non era al passato,ma nel presente.

E mi sono posto mille domande per cercare di capire,di comprendere.A volte la vita può richiedere di cambiare,di stravolgere noi stessi,per il nostro bene.Ma mi sono chiesto se veramente è la vita a chiederlo.Se veramente è possibile cambiare chi riesce ad essere se stesso,chi è attratto dal dolore e corre in suo soccorso,stando male.Se quell'anima che è nera venga per forza guardata come il buio della morte,come qualcosa di negativo.Come comunque per tanti non venga compresa e allora si cerca un sorriso da donare,una maschera di tranquillità da dare,si mente anche a se stessi dicendo,si sto bene,perchè tanto sono in pochi a capire quello che hai dentro,sono lì per averti,per ammirare ciò che di te gli piace,ciò che comunque dai e lo fai alla grande,perchè sei sempre pronto a tendere una mano a chi soffre,magari anche a mentirgli senza cattiveria,pur di vederlo star bene.Eppure cammini in mezzo alla folla e chi ti conosce,chi ti chiama ingestibile,folle,incomprensibile eppure ammira il lato oscuro che mostri,temendo il proprio,associa a te quando ti vede quell'odore di morte,non trovando parole di conforto ,perchè fondamentalmente non ha capito nulla di te.Ma dentro quel nero,c'è l'amore per la vita,la ricerca della luce e non esiste scienza plausibile che possa cercare di snaturare una persona in base a regole oggettive,
E parlando mi sono chiesto quante pagine dovrebbe avere un codice delle regole dello star bene,della psiche,per essere attendibile?
Circa 5 miliardi è la risposta,e ogni istante uno nuovo per un nato.




Poi mi sono rimesso a dormire,cullato dai sogni e ho sentito il tocco della tua mano.Ed è bastato abracciarti per sapere di sapere,per ritrovarsi in mille affinità,nel cogliere un bacio sulla stessa sponda,nel continuare a guardare le onde de mare .Seduti entrambe sulla riva,con l'acqua che ci invade,e il nostro stupore che coglie la meraviglia di quell'immensa distesa,ne sente l'abbraccio,il muoversi continuo,l'infrangersi delle onde che non ci spostano da dove siamo.
E ho sentito dentro quel mare la tua anima e l'ho abbracciata e come può fare chi ama ti ho detto non cambiare,meraviglia,come quando vedi il mare per la prima volta...E mi sono accorto che ci stavamo guardando con gli occhi negli occhi e il mare era lì dentro di noi.

E allora mi chino per raccogliere un fiore e al tuo cospetto mi inchino al tuo bene,sarò suo servo per sempre.
E mi chiedo:se avessero ragione loro,come fa il sospiro della tua anima in un'ancia a dare il suono della vita?

giovedì 23 aprile 2009

Ancora tremo,ancora fatico.
Un'immagine.
Annaspo nel cassetto.
Sposto ciò che copre una scatola di legno.
Piatta.
La appoggio sul comodino.
La apro.
Dentro pennelli e tubetti di colori arricciati su se stessi.


L'istinto,il dolore mi fanno tendere la mano verso il nero,già immagino i pennelli tracciare segni sui vetri fino a coprire la luce,rivestire le lampadine di un sottile strato che le cancelli,dipingere il mio corpo nudo e con il piccolo pennello dalle setole fini,spargere la tempera scura sul bianco dei miei occhi.
Ma questo non è quello che ti avevo promesso.
Come onorare la morte se non dandoti vita.



L'ultima volta che ci siamo sentiti ti avevo parlato di Lei e tu ne eri contenta.Perchè amare è sempre sognare il bene dell'altro.E tu mi hai detto così.Falla sognare come tu sai fare.
E allora poso il tubetto del nero e strizzo sulla tavolozza i colori e le anime si fondono con loro e le setole ne raccolgono l'essenza e riempiono l'aria di favole,di dolci pensieri,di teneri baci e calorosi abbracci,di coscienza,di sentire il bisgno di essere stretti in una morsa,di continuare a sentire le scapole che poggiano una sull'altra e le spalle si sfiorano e le parole danno sorrisi e il dolore ci unisce,come sempre,a volte un passo avanti,altre un passo indietro.Per noi non è difficile capire,comprenderci,lo abbiamo sempre fatto,anche se adesso sembra una riscoperta il "cosa lo dico a fare",il sapere che ci siamo sempre stati,che non siamo mai andati via,che abbiamo bisogno di sapere di noi.
E basta una parola,un silenzio leggero del tocco di una corda di un'arpa,il sapere che ci stiamo pensando e tutto da forza,per superare il dolore."Come solo noi,per come siamo fatti, possiamo capire",poco conta ciò che pensano gli altri.Un difficile cambiamento di rotta dovuto a se stessi,un lutto,e tanti pensieri,ora nuovi.
E come amo pensare,quando una persona muore,la ritrovo negli alberi,nelle sue radici profonde nel cuore,nell'abbracciare l'aria coi rami,nello spuntare di foglie ad ogni pensiero a lei rivolto,nel darecon l'ossigeno la vita,nel tenerla con se la notte,nello slanciarsi verso il cielo.
Il quadro rinasce
ed è ancora Rosso su Nero.

mercoledì 22 aprile 2009

Sono sceso all'inferno come tu mi hai insegnato.Là nel mio bosco stanotte era buio,il cielo copriva la luna,la pioggia scendeva,nel silenzio che nessuno ascoltava potevo gridare.Gli uomini non piangono ,mi hai sempre detto.Io lo faccio e non me ne vergogno.Questo sapevi che lo avrei fatto che avrei cercato il mio annichilimento,l'ho tatutuato sul corpo,sulle spalle.

Io.
La moto.

La pioggia.

Gli alberi.

E sono sceso a luci spente sentendo i tronchi sulle spalle,urtare nelle ginocchia.Sono caduto poco prima del torrente,ho continuato a battere pugni sui sassi finche dalle mie noccche non è uscito il sangue.

Solo allora mi sono fermato,respirando a fatica per la rabbia che mi ha attraversato e le lacrime hanno iniziato a scendere.

Con la testa appoggiata ad un tronco,ancora premendo forte sulla sua corteccia,ti ho ritrovata.
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Ti ho rivisto,ho rivisto noi.....


Sulle note del gruppo che amavamo,il mio addio,anche se non sarà mai addio.

I would say I'm sorry
If I thought that it would change your mind
But I know that this time
I've said too much
Been too unkind

I try to laugh about it
Cover it all up with lies
I try and
Laugh about it
Hiding the tears in my eyes
'cause boys don't cry
Boys don't cry

I would break down at your feet
And beg forgiveness
Plead with you
But I know that
It's too late
And now there's nothing I can do

So I try to laugh about it
Cover it all up with lies
I try to
laugh about it
Hiding the tears in my eyes
'cause boys don't cry

I would tell you
That I loved you
If I thought that you would stay
But I know that it's no use
That you've already
Gone away

Misjudged your limits
Pushed you too far
Took you for granted
I thought that you needed me more

Now I would do most anything
To get you back by my side
But I just
Keep on laughing
Hiding the tears in my eyes
'cause boys don't cry
Boys don't cry
Boys don't cry


Un abbraccio,perchè quello della morte non poteva essere l'ultimo.





martedì 21 aprile 2009

Dalla pace del mare lontano -

"Babbo, perchè piangi?"
"Sto strizzando il corpo intriso di pioggia, Carlo"
"Io to voglio bene,lo sai!"
"Si,sei la mia gioia,tesoro"



Ore 11,00

Suona il cellulare.
Un numero lontano.
Nel tempo.
Nello spazio.
Nei pensieri.
Peter.
Mi dice che sua sorella è scomparsa.
Malata.
Poco tempo le rimane per vivere,hanno detto i dottori.
Mona.
La mia testa impazzisce.
Per tutto.
Per la notizia,per la scomparsa,per l'eterno che ci lega.
Non la sento da poco dopo Natale.

I pensieri viaggiano,i significati,le paure.
Non mi do pace.
Inizio ad odiarmi.
Non posso mollare il lavoro per andare a cercarla.
Eppure solo io posso sapere dov'è.
Non ho soldi per pagarmi un volo.
Eppure anche se lontano ci sono sempre stato.
Eppure ero alle sbarre del carcere a sentirmi allontanato.
Eppure eravamo insieme per l'ultima volta ,appena ero rinato.
Non sei un racconto Mona,non lo sei mai stato.
La mente sragiona,ricorda.



Il suono del piano che ho amato.
Tutti gli istanti che abbiamo passato insieme.
La pace,dentro il nostro dolore,che ricercavamo per il piacere.
Il tuo rifiuto alla vita.
Peter unico appoggio rimasto.
Io unico.................


Ore 15,15

Parlare con l'unica persona che mi poteva capire,mi ha fatto bene.Ora sono più calmo,solo lei può sapere.
Chiamo Peter.
Anche se combatto con il rispetto di Mona dentro di me.Ma solo io posso sapere dov'è.In casa di nonna hanno detto che non l'hanno trovata.Può essere solo sulla nostra spiaggia.Skaegen.Dove si incontrano i due mari,dove ci siamo abbracciati per l'intera notte l'ultima volta.
Chiedo a Peter di cercarla là.


Sono con Carlo,il mio cucciolo mi sta vicino.Provo a giocare con lui.


16,50

Un lampo.
Una luce che si spegne.
Un pezzo di me che si perde.
Chiamo Peter
"you have to look in grandmother's shrank,merda"


Fine della ricerca.L'hanno trovata.

Chiusa nel baule di sua nonna,quella che l'ha amata,quello che amava,che adorava,con cui abbiamo giocato tante volte,con quei vestiti,con quel vestito.


Uanset hvor vi befinder os pà et hvilket som helst sted pà et hvilket som helst tidspunkt,vil du altid vaere i mit hjerte,fordi jeg elsker dig.

So che questo è quello che volevi.
Sparire per non tornare più,per non vederci soffrire,per non vederci piangere,perchè io non facessi follie per raggiungerti.
Hai cercato di diseducarmi ad amarti,sai bene di non esserci mai riuscita.E ciò che ci legava era forte,indistruttibile,invivibile.
Ma era nostro.


Me nesono andato da Skaegen quasi sei anni fa,dopo quella notte indimenticabile sulla spiaggia,in silenzio ,abbracciati,con ele nostre labbra che si sfioravano e tutto parlava.
Il vento che sbatteva la sua forza ha rapito la nostra essenza e l'ha fatta sua per l'eternità.

Ed io me ne sono andato col mio cuore,perchè volevamo entrambe così.
Così è stato.
Ma ora mi odio.

Non voglio dormire.
Ti vedrei vestita di nero,sorridere negli abiti di nonna,tendere le mani per avere le mie.Il vestito che hai messo per raggiungerla,perchè so che ora sei con lei,anche se sarai sempre con me.

lunedì 20 aprile 2009

Folle

Eh si caro Lorenzo,mi piace starmene sul tetto mentre piove e lasciare che le gocce inzuppino i miei vestiti e righino il mio viso,contornandone i lineamenti e sentirmi le ciglia zuppe e gocciolanti che lasciano cadere le loro stille sulle labbra e assaggiarne il sapore mischiato a quello del mio corpo.



I pensieri scorrono su di me scivolando sulla mia pelle e sento la stoffa aggrapparsi al mio corpo,pesante e mi viene voglia di svestirmi,di gettare ogni costume inutile lontano da me.
Voglio rimanere solo con me stesso,perchè non voglio che niente disturbi la mia attenzione,il mio sguardo a Sud,accompagnato dal ticchettio sopra i basculanti di plastica,sopra il mio spiraglio al cielo che mi accompagna nella giornata,che mi culla nella notte.Voglio raccogliere la pioggia ai miei piedi e tuffarmi in essa.


Anche oggi la macchina ha sbagliato strada,non si è fermata a casa,ha proeguito il suo viaggio verso Venere,continua a fare"BRUUUUUM BRUUM",impazzisce ogni volta e ogni volta mi chiedo perchè mi fermo,anche se lo so perchè,eppure nel suo MUUURB il pensiero prosegue imperterrito il suo itinerario seguendo la strada dei boschi e arrivando all'apice del passo,per poi scendere quasi correndo,per tracciare alunghe falcate il percorso,con l'irruenza di Oren,la sua follia e tutto per un semplice tocco,per un girarsi di scatto,per un incrocio di sguardi,,come una sorpresa,come una viola che al mattino schiude i suoi petali al sole ed alza la testa,se ne discosta e poi sorride.
Come sentire i tuoi passi sul terreno bagnato,sulla pioggia ai miei piedi e le dita che si sfiorano dentro pozzanghere che sanno del tempo,mentre le caviglie si confondono in una stretta che lega le gambe e i tuoi capelli cadono lungo il tuo corpo,portando con loro perle d'acqua che specchiano il tuo riflesso.
Li sento sul mio petto,rimangono attaccati a te e al mio corpo,come sottili fili che non si vogliono staccare,come la tela di un ragno,che lega se non si sa dove calpestarla,mentre gli uccelli riempono l'aria del loro canto,riparati dai tronchi degli alberi.
Le labbra si toccano e le mani raccolgono gocce di noi e gli occhi si fondono,i tuoi nei miei,come pozzanghere solcate da pulci d'acqua che col loro leggero movimento creano onde alte come quelle del mare.

Parliamo,eppure non ci sono parole.danziamo,eppure la musica non si sente.Allunghi una mano,divento sovrano.
Ci amiamo,eppure la pioggia è insistente.

domenica 19 aprile 2009

Santa Comba


Oggi pioggia sottile,perso nei miei pensieri e nel mio cuore sul tetto di casa con lo sguardo sempre nella direzione ,mi è tornato alla mente un ricordo.
Prima che il mio cucciolo iniziasse la scuola ci concedemmo un lungo viaggio in Spagna e Portogallo,in inverno.Quattro mesi di vacanza ,a spasso con il camper.Certo il Sud attirava,il suo clima africano,facevamo il bagno ,mentre qua in Italia nevicava.Poi attraversammo il Portogallo,la costa atlantica già a gennaio invasa dal profumo delle mimose in fiore.Giungemmo in Galizia.Regione non troppo turistica,per lo meno in quel periodo.
Una sera,prima del tramonto,con un tempo simile a quello odierno ci fermammo su una spiaggia a Ferrol.Eravamo soli,noi ,Nostro figlio,sua madre ed io e l'oceano.Davanti a noi la picola chiesa di Santa Comba,un piccolo edificio che stava su uno scoglio di fronte al luogo dove avevamo parcheggiato.Come sempre succedeva,dopo che ci eravamo fermati ,io e l'impavido figlio(impavido,perchè venire in giro con me lo comporta ehehe) accompagnati dal nstro cane partimmo in perlustrazione.La marea a quell'ora già alta impediva l'accesso all'alto scoglio su cui si trovava la chiesa.Ne ero attirato,forse per l'impresa di raggiungerla,ma c'era qualcosa che mi spingeva a farlo.Comunque decidemmo di giocare sulla spiaggia godendo delle alte onde dell'oceano che viste coi piedi sulla sabbia ci sovrastavano.Eravamo bagnati come pulcini e il vento cominciava a rinforzare.Alla sera mentre mio figlio si addormentava facevamo progetti per l'avventura del giorno seguente,quando la marea si sarebbe ritirata e a vremmo potuto raggiungere Santa Comba.
Notte.Tutti dormivano nel camper,cullati dalle raffiche di vento che lo battevano facendolo sobbalzare.Io non avevo sonno e col cane uscii all'aperto.Aveva smesso di piovere e il vento imprimeva la salsedine sulle guance e tanto per cambiare non ero adeguatamente vestito al clima.Mi sedetti sul bordo dello scoglio antistante a quello della chiesa,col balzo che dava sulle onde del mare che mi separavano da ciò che volevo raggiungere e godetti del vento,del suo suono,dell'armonia che sentivo in quel momento in tutto ciò che mi circondava.Il cane perlustrava ogni granello di terra .Non avevo più freddo e nel fumo della mia Lucki,mangiata dal vento,vidi muoversi sagome umane,che piano piano prendevano forma più definita.Non era più notte e una barca stanziava al largo di quel punto.E sapevo che io ero nella scena che stavo vedendo.Pescatori raccoglievano le reti,dopo una giornata di lavoro ,c'erano voci e risa ,battute lanciate ad una ragazza e gente che girava attorno alla chiesetta.Ma quello che mi colpì di più fu che io quella barca che non era tale,ma una nave nordica,una nave vichinga,non da guerra,la conoscevo.L'avevo già vista,avevo già viaggiato in una visione di tanti anni prima con lei.E adesso era là.In realtà non c'era,ma in ciò che stavo vedendo era presente.Sentii i miei piedi informicolirsi,gettati nelvuoto sul bordo delllo sperone dello scoglio e una mano sulla spalla.Era Mio figlio che si era svegliato.Era l'alba.

La marea si era ritirata.Rientrammo nel camper.Ero confuso o meglio concentrato in ciò che era successo.
Andammo tutti e tre oltre la spiaggia ora libera e salimmo la ripida e tortuosa scalinata che conduceva al prato sopra lo scoglio dove si trova Santa Comba.Chiusa.Porta sprangata,E io volevo entrare,dovevo entrare.Rimanemmo io e mio figlio,a sua madre il posto era piaciuto,ma non le aveva destato l'interesse che aveva per me.Continuavo a girare intorno alle ura per trovare un'apertura,almeno per guardare dentro,alla ricerca di un aggancio a ciò che avevo visto.Nulla.Ermeticamente chiusa.Il vento si andava rialzando forte,accompagnato d una pioggerellina sottile e portando con se le gocce dell'oceano.Io sapevo che potevo entrare.Ma non era un grande esempio per mio figlio,che giocava col cane ed era seguito dalla mia attenzione perchè non si allontanasse ai bordi dell'alto scoglio.Estrassi il mio attrezzo multiuso,senza farmi vedere aprii la porta.Entrammo senza scostarla troppo.Odore di muffa e salsedine.Un piccolo altare al centro e nella mia mente continuava a girare un ricordo che non voleva uscire,ma che sentivo.Toccai l'altare e in quel momento ebbi la sensazione di non essere io a farlo eppure lo avevo già fatto,come se in quel punto della pietra fosse impressa la mia orma,come se là avessi incontrato la dama del vento chissà quanto tempo prima.Poi la voce del mio cucciolo mi riportò al presente.Uscimmo.Un ultimo sguardo.Chiusi la porta e tornammo al camper.Stetti ore ed ore a guardare la chiesa,dl roccione dove avevo sostato la notte.Perso nel cercare di rapire ancora ricordi.Ma nulla,solo una musica armoniosa che suonava in me.

Risalì la marea.
Ripartimmo.

venerdì 17 aprile 2009

profumo


Trasportati dal vento i profumi accendono ricordi,
rievocano emozioni,
acutizzano l'attenzione
e lo sguardo comincia a girare alla ricerca,
chiudo gli occhi e sento lo sfiorare della pelle,




il leggero solletico della peluria che la riveste
e tutto diventa reale.
Non è più passato,
non è futuro,
ma è l'istante,
il profumo di presente.

Si mischia all'aria pregna di salsedine,
sa di mare,
che tutto travolge
e rimesta
tra le sue onde
sbattendo la passione sulla mia lingua
dando sapore al tuo odore
e curioso scruto tra le tue pieghe
donandoti le mie
per trovare
la carezza del piacere

quella che non fa domande
che acchiappa i sogni,
senza tempo
solo nella realtà del ristretto presente
quello che esalta la tua essenza
che le da il profumo di vero
che non trattiene polvere nel suo puro
che si lascia amare senza catene
che non pone limiti al piacere
che stretta in una mano
ha il silenzio dell'amore.


Come gocce di profumo
di una rara essenza
che stillano
carezze dell'anima che profumano di te.
Ora.