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PECE

PECE
La logica si infrange quando non si ha voglia di staccarsi, quando il bisogno e' quello di rimanere aggrappati

ANOMALIE ARMONICHE

ANOMALIE ARMONICHE
SE lO RITIRNI NECESSARIO SONO, MMMMM, SIAMO ANCHE QUI

giovedì 31 marzo 2011

In questo chaos totale pensavo rimbombassero i passi quaggiù tra le pareti dei gironi.
Invece continuo a sentire il lento strisciare di passi fermi.
Per questo ho deciso di affacciarmi alla luce e guardando il suolo ho girato spesso gli occhi,aprendone uno alla volta,ma le ombre rimanevano ferme.
Così ho pensato di guardare il sole,anche se era inutile pensare di immaginare, che da abbagliato non potevo vedere ombre, che si muovevano.
E come campanelli suonano le etichette legate da un filo ai corpi esanimi di voci che si lamentano,producendo un fastidioso rumore,che metallico si perde nel vuoto,non trovando un antitesi di reazione.
Mentre braccia materne avvolgono figli ormai più grandi di loro,incapaci di risolvere enigmi ,che una volta eran certezze e si confonde il colore della pelle con la consistenza delle palle.
L'essenza svanisce in bande magnetiche,che sembrano diventare l'unica strada per sopperire al dilagare della noia,mentre quello che era il confronto,si disperde in chiassosi litigi,che disperdono nell'aria un sacco di succo.
Aumentano le svendite di convenienza,mettendo in saldi i valori e tra i contorni di graffiti,che sembrano l'unica rivoluzione che si è capaci di attuare,come voci che sputan vernici allo stadio.
Si riveston pareti e giornali dell'uomo e della donna moderni,quelli che non devono chiedere mai,strisciando le proprie suole sugli zerbini.
Ho sempre pensato fossero al fondo dei nostri piedi e non sopra,ma mi sbagliavo.
Mentre per moda ci si taglian le braccia,con incomprensibili spiegazioni gettate nel vento senza vocali.
E nelle fonti della cultura,ormai scenari di giochi a quiz,si regredisce,da una ex prolifica sottocultura,a una mancanza totale di significati.
E...
Meglio che torni di sotto.
In questo mio tirocinio di aspirante diavolo,non pensavo fosse così facile procacciarsi le anime,alla fine non è che mi diverta molto e lui,quello che sotituirò,non c'è mai,mi evita sempre.
E...

N- " Oren!hai ricominciato a drogarti?"
O-"No!"
N-"Allora fallo!"
Ho di meglio da fare,
ormai rimane solo una sottile lastra di vetro....




martedì 29 marzo 2011

Tra il fumo di una sigaretta ad occhi chiusi,
i contorni usurati dal desiderio,
per completare il completo.
Mentre l'elastico accarezza scendendo la pelle
e le nocche premono scivolando
aggrappate al velo.
Le emozioni crescono nei particolari tremando,
vibrando la carne al solo pensiero,
affondando negli occhi parole che scuotono,
avvolgono,
come braccia aggrappate alle radici .
Dita battono passi su specchi ,
avanzando lasciano orme ,
che non svaniscono,
si assorbono.
Fili invisibili,
che legano la loro trasparenza senza inganni,
colgono il momento,
lo riempono senza saziarlo,
lo sentono crescere tra le mani,
si spargono raggi rossi di sangue dal nucleo,
ne adornano il percorso.
Dita,
unghie spezzate,
ree di questo peccato,
finalmente marchiano la nostra pelle.







giovedì 24 marzo 2011

..ogni istante..


Lungo i contorni
piccoli tocchi trasportano il desiderio,
rapito dagli sguardi che si incatenano,
sfidano,
comprendono,
sorridono.

Coprono la pelle scivolando,
mentre i muscoli si tirano
e le pieghe inarcano
e lunghi fili rossi macchiano la notte.
L'aria si stupisce degli odori,
che i sospiri trattengono
sfiorando la pelle
e il suono batte sul sapore.
Labbra morse da denti,
altre colano gocce,
che si confondono nei fili.
E siamo sospesi,
mentre i corpi scivolano
e ogni parte vibra al piacere.. dato.
E l'eco delle parole riflette nel buio
immagini di momenti passati,
fotogrammi di condivisione,
che come scene al rallentatore,
colgono i particolari del presente
e tutto avvolge
e tutto copre.
Unghie corrono sulla pelle,
riempiendosi di granelli di Noi,
che cadendo sulla stessa linea,
ne aumentano la crescita





Difficile spiegare ciò che sento,
come tenere in mano un barattolo chiuso di vetro,
pieno di api che vogliono uscire.
Mentre la fune col nodo gordiano,
penzola in attesa di innocenza.

E echi di risate attraversano muri,
mischiandosi a lamenti che pesano il terreno
e l'aria si riempe dello stridio di pennini,
che scrivono il destino,
sorridendo tronfi del proprio potere.

Mi fondo nella semplicità di piccoli passi,
che pretendo per il mio presente.


lunedì 21 marzo 2011

La scuola dell'odio

Come grandine sulle foglie cadono gocce di lacrime e parole,
demagogia di potenti sostenute dalla totale incoerenza dei fatti,
che cancellano propositi e istinti di solidarietà umana verso il dolore del prossimo.
Baluardi di pace a suon di sangue schiacciano l'aria sulla terra,
prospettando mostri dimenticati,
mai vissuti se non nei ricordi di chi fu o di chi è stato.
Il dio denaro piange sulle perdite della sua famiglia,
tracciando segni di una realtà nascosta tra le parole di un villaggio globale chino ai piedi degli imperatori,che urla muto sui muri la morte di chi aveva voce vera e poi è stato soppresso.
E gli slanci di umanità sfumano nel breve tempo che accompagnano la venuta di nuove catastrofi,lasciando lavori a metà,tra gli sguardi allibiti di chi ha voglia di vivere ancora,di crescere,ma che non è più degno dell'attenzione dei giochi di potere.
Masse umane che si spostano nel mondo occupando gli spazi vuoti e sostituendo a spallate l'origine nello spettro del razzismo.
E mentre la terra trema e inghiotte parte di noi le danze macabre continuano nella loro sobrietà,nascondendo sporchi giochi di corruzione e la natura continua il suo corso senza badare all'inutilità umana,capace solo di arrecargli danno.
E si vestono maschere di eroi al colonialismo, all'eliminazione di personaggi scomodi,che minacciano irriducibili le famiglie che governano il mondo,quelli che piangono,da sempre perseguitati,guarda caso,ma io al caso non credo.
Giochi di raffinata psicologia sociale della massa,che fomentano l'intolleranza,la completa perdita della fiducia nel prossimo,l'individualismo con la conseguente eliminazione del confronto tra le idee e i principi e si alzano gli occhi verso il prossimo e riflessi d'odio lanciano bagliori dalle pupille.
La paura fa strani scherzi a chi la asseconda,l'individuo diventa imprevedibile,anche se rimane totalmente gestibile.
Seduto con la morte, che stenta il suo sorriso divertito,nel disagio della mia vicinanza,chiedo col mio ghigno sfrontato, se devo definire eroi coloro che in nome di una verità che non conoscono sono pronti a togliere la vita al prossimo.Perchè per difesa comprendo la reazione e l'attacco, ma non per una pace a prescindere che anche se la nascondi è sempre omicidio.
Allora dico che non ho lacrime da versare per qualsiasi "eroe nazionale" che perda la vita nella difesa di questa pace.





sabato 19 marzo 2011

Antonomasia

Aria scivola tra le pieghe della notte,
crescente ritmo di sangue che pulsa.

Nivea pelle che si tira,
si dilata,
che riflette i colori del buio,
le sue ombre.

Tremano i corpi sul danzare delle dita,
suoni di unghie che calpestano la pelle,
come rimbombare di tacchi,
che riempiono la via
.
Odori si posano sui respiri bagnati,
che le lingue assaggiano ai bordi delle labbra.

Nuda la notte si macchia di piccole gocce rosse,
lampi che increspano lo scuro
e il suono ansima sul sapore.

Onde di calore si stendono su spiagge battute dal vento,
tratti di dolore ne segnano le orme,
macchiando piume che volano leggere.

Mentre l'anima scorre,
incatenandosi alle rocce,
che ne proteggono il percorso.

Allunga ogni suo estremo,
intrecciandosi come fili spinosi,
scivolando lungo le cosce in spirali di possesso.
Seta la pelle
e la carne come una forbice,
ne segue il percorso.

Intimità assoluta,
che scioglie ogni contorno,
fondendo e confondendo.
Anime fradice di pioggia di Noi,
intreccio di fili di rosso e di nero.






martedì 15 marzo 2011

Continuo a chiederti cosa sogni

Continuo a chiederti cosa sogni.
Mi piace perdermi lungo la tela che segue i tuoi passi.
Ascoltare mentre parli con la gente,
riprenderti quando invece che cadere,
calci palle fatte di fumo.
Cerco in me lo stimolo,
che ti manca nel sollevare le ali nel volo,
quando rimani a terra,
incapace di fare le tue scelte.
Posso allungare la mano per darti sicurezza,
posso farti sentire il mio respiro vicino,
ma la volontà è la tua
e non posso sostituirmi ad essa.
Voglio che cresci essendo te stesso e non me,
senza la paura di sbagliare,
senza la voglia di nascondere i tuoi errori e le tue mancanze,
dietro bugie che non fanno che limitarti il volo,
accrescere insicurezza e scegliere maschere,
che stonano sulla tua innocenza.

Brucia quando ti racconto della mia adolescenza,
piena di grida di compagni,
di giochi di sogni e fantasia
e mi ascolti sentendo la mancanza di ciò che
la realtà ha nascosto,
celata dietro un'assurda apprensività,
dietro a fantomatici impegni che non fanno
che distogliervi dall'importanza della condivisione del gioco.
Un esercito di bambole di porcellana,
lontani dal confronto coi propri simili,
all'inseguimento dell'apparenza,
marchiati come timbri su doppi fogli con carta carbone.
Mentre la coscienza mantiene la natura,
circondandosi di questa come se fosse di fragile carta di riso,
continuo a sforzarmi a attirare la tua attenzione sulla crescita della vita,
quella reale
e non stampata dietro una cornice di luce che ne parla come di un mondo lontano.
Continuo a chiederti cosa sogni.
Continuo a osservarti mentre lo fai.
Cercando sul tuo viso,
mentre gli occhi tremano alle immagini oniriche,
lo schiudersi delle tue labbra per lo stupore.


lunedì 14 marzo 2011


Dove la luce spegne il giorno
c'è un saluto che è un "a fra poco".
Dove le corolle piegano le loro braccia sul petto,
inarcano la schiena
e si avvolgono in un cerchio,
che saldo si chiude e le protegge.
E le immagini continuano a scrivere,
ciò che gli occhi in quel momento ciechi,
non riescono a vedere.
Ali nere solcano la notte,
graffiando corpi legati dal possesso.
Non capisco,
perchè chi si vanta di avere in mano verità,
le nasconde tra odori e falsi riflessi,
allargando il suo passo lontano dalla mia irriverenza.
Perchè temete così tanto il vento,
che vorreste afferrare in un pugno,
che vorreste lambisse i vostri antichi contorni,
bramando la sua energia
e poi rifuggite,
a volte nascondendo la mano dietro la schiena,
altre fischiettando sui palmi rigati dalle lame del vento?
La notte cattura,
tra gli aghi di pino sparsi sull'asfalto di un tornante,
immagini simili di emozioni.
Rimangono impresse sulla tela del ragno,
da cui colano gocce,
che rispecchiano il nostro riflesso.
E orme del passato scuotono la tua anima
e ti ritrovi a parlare con la voce tagliente della verità.
I corpi si toccano
e ogni parte di noi si fonde nella sua bramata carnalità,
mentre l'aria si riempie di gemiti,
sospiri
e ringhi.

Raccogliamo le nostre emozioni,
nelle mani che legano il nostro mondo,
mentre,
così come siamo,
ci specchiamo nell'acqua
e nulla può attraversare il nostro riflesso,
perchè è vero.

venerdì 11 marzo 2011

Mettiamo che...

Mettiamo che..
c'è un sentiero che si snoda nel bosco tra tappeti di foglie cadute,
si allunga all'orrizzonte vago del mare su frantumate conchiglie
e i suoni si fondono tra l'onda e il ciarlare di uccelli,
mentre il vento soffia costante fischiando tra i rami,
riempiendo vele di nuvole che navigano veloci sul pelo dell'acqua.

Mettiamo che...
le pareti son nere e lo sfondo già buio,
deve le stelle nascondono il loro volto al bagliore di luna,
dove la vista si allunga sui riflessi,
perdendosi tra le setole di pennelli,
che le unghie sollevano dalla crosta.
Mettiamo che...
la pace regna sovrana nel gioco dei sensi,
sfiorando gli elementi della natura,
nascosta dalla facciata stampata della luna,
dove gli occhi si socchiudono delineando contorni che eccitano,
dove il suono si immerge nelle onde,
che trasportano note di pesci muti,
dove scorrono immagini di piume che fendono l'aria,
dove regna l'emozione.

Mettiamo che...
la musica della natura ci invada,
ma sia solo il silenzio ritmato dal pulsare del sangue,
dal battito del cuore
e come in un orchestra che non ha direttore,
si possa distinguere il frusciare di foglie,
il fendere l'aria di ali di gabbiani,
il passo tribale di lunghe file di formiche,
il sordo rumore di chele che battono il vento.....
Mettiamo che...
ogni passo è sempre all'inizio del sentiero del bosco,
che si allunga oltre l'orizzonte del mare,
in questo buio fatto di tracce di luci,
in questo silenzio fatto di brandelli di suono,
nudi,
con le bocche socchiuse dallo stupore,
guardando in alto la cima della montagna
e sorridendo al sasso che si tiene in mano,
che si stringe per assorbirne l'essenza,
che salta sul pelo dell'acqua ,
riflettendo la sua scia tra i cerchi dei suoi tuffi.

Mettiamo che...
con lo sguardo che affonda negli occhi,
riesco a vedermi,
riesco a vederti,
che se appoggi le dita sulle mie labbra riesci a sentire le mie parole,
che stringendo i tuoi polsi mi sento pulsare nelle tue vene
e l'aria è pregna del nostro odore
e mentre mi mordi puoi sentire il tuo sapore.

Mettiamo che...
questo è il nostro mondo
e galleggia come un nucleo in mezzo agli altri
e ci muoviamo come belve,
affamati di ogni Noi.
E là dove le unghie sono pronte per marchiare,
gli artigli sono pronti per proteggere,
come lame d'acciaio riflettono la nostra serenità,
sul filo tagliente della cruda realtà.
Crudo non è crudele...
Puro fa paura..
Mettiamo che...
siamo sempre all'inizio del sentiero del bosco,
che si snoda oltre l'orizzonte del mare
e nel silenzio le radici si aggrappano alla terra,
bagnata dal vento,
scaldata dall'acqua,
su cui soffia il calore del fuoco.




martedì 8 marzo 2011

.et id elreP
.eunet ecul ellad osselfir li odnaiffarg e odnalovicis,
ehgeip el art amlaps is ehc,
oim loc erodo out odnedirtni,
ellep arpos onograps is,
oiredised ortson li onottelfir ehc,
eccog elocciP

.erevecir a itnorp omais iop ehc,
òic erad id enoizome'l odnetoucs,
ioN id us onagnulla is e
erolac li onodividnoc ehc,
emal id isselfir e
itneilgat eihgnu art onaliffa inam ertson el ehc,
erecaip li onaiffarg ehc,
adifs id ihcco,
eropas led edno el onapsercni ehc,
idivirB
.ioN id etrap ingo onacrec ehc,
isnes ius odnerrocs,
enrac artson al onarolpse ehc,
idraugs id icorcni art etagel inam id ihcoiG


.ioN id aznesse'l,
ongup nu ni olodnegnirts arreffa ehc,
oiccarbba nu,
otnitsi etrof id ipmal ni etnem al atnemrot ehc,
odnom id etterts iterap el art alovicS


.ioN non es,
issets ion us onarvos è'c non evod,
anigeR al eR li omais evod onger len itlovva,
aznenetrappa id ihccot eracrec a onaunitnoc ehc,
itnemivom itnel id ossap li ioN id us ednets is ,
etton aiub id olev nu emoC


.ecaP


















domenica 6 marzo 2011

Possesso remoto

I passi sull'assito producono un suono famigliare,
passi diversi pesati dallo stesso piede.
Dal palco guardo le sedie vuote ,dai contorni sdruciti del tendone
e nell'aria rimane il brusio di voci sommesse.
Tiro con cura le corde dai drappi impolverati e mi affaccio su quel teatro, di voci nascoste,di abiti teatrali che siedono sorretti dal tempo,
su logore stoffe a cui mancano le borchie che le fissavano al legno.
E' bello pesare i piccoli passi e lasciare al legno che cresce di riempire l'aria col suo suono.
Schegge si spezzano sotto i miei piedi,si abbassano come fili d'erba croccanti di un prato.
Guardo la sedia al centro del palco.
Sorrido.
Quello che era il pulpito del mio monologo,
quello che non ha mai visto il segno delle mie ginocchia come un confessionale,stende la sua paglia macchiata dal tempo su piedi tarlati
e ora che mi siedo mi abbraccia con lo schienale.
Sorrido ancora..
su quella seduta da dove escono le mie parole.
La mia anima le produce,non ha filtri,
ma adesso si specchia in un'immagine "completa".
E basta una parola a zittire quei costumi che occupano le sedie in platea,a nascondere visi dietro i drappi dei loggioni, a celare verità dietro l'acido delle parole che colano sul palco scivolando sul legno.
Basta una parola....Noi....

E scorrono come diapositive immagini del mio parlare,
scivolano nodi scorsoi su corde che afferrano il dolore,
fendono l'aria col loro tagliare ,come lazos di gauchos che catturano la preda.
Frammenti di oggetti riflettenti che illuminano di bagliore il pensiero che il danno accomuna i dannati.
Bagliori come fiammelle di candele nella tormenta del vento.
Deboli legami che si spezzano nel ledersi del tempo,senso di possesso remoto, di rivendicazioni di monarchie che hanno perso la loro nobiltà.

Immagini di spugne che assorbono il dolore altrui, sotto il peso del lancio di meteore ai confini di un mondo per entrare in un altro.
Ma essere pietrificati non produce movimento.La pietra, se non la lanci, è staticità pura e il vento che fischia tra i suoi spigoli la erode,scivola e se ne va.
E col vento se ne vanno le emozioni e già è difficile afferrare quel soffio,
impossibile prenderlo per la coda.
E l'acido che tenta di corroderlo scivola e i tentativi di tresche nascoste pur di sentirne il possesso si infrangono nella sua purezza.
E la purezza è solo un velo trasparente,che non nasconde ne il bene,ne il male.
E si alzano grida che ricercano il proprio male di vivere nella compassione.

Nero è ancora sotto la cascata,sta sciacquando la sua spugna.
Non conosco compassione,non conosco pietà,amo la sfida,faccia a faccia e non nascosta dietro maschere di sorrisi piangenti.
Chiamatemi come volete,credete ciò che volete,così è sempre stato.
Perchè uno specchio non riflette altro che l'immagine di se stessi o di quello che vogliamo credere di essere.

Per questo ho amato e mi ha stupito lo specchiarmi sull'acqua trasparente di un torrente tra gli alberi del bosco.
Perchè ho visto riflesso NOI.
E...Nothingh else matter....

venerdì 4 marzo 2011

Taking over me

So che il vento si getta nel fuoco ,
lo abbraccia,
ne spalma il calore,
spargendolo nei contorni di un cerchio.
So che il fuoco si tuffa nel vento,
stringendo le sue mani sul seno
e allunga le sue lingue riempiendo ogni spazio.
E nel cerchio di buio colorato,
il suono del silenzio,
del fuoco e del vento.

Mentre sul vetro della finestra colano gocce di pioggia,
scivolando come acqua pura su specchi a cui non ci si aggrappa,
il suono accompagna e non copre il fruscio dei nostri corpi,
che scivolano uno sull'altro,
scambiandosi gocce di fuoco,
soffi di pioggia
e vampate di vento.

"Taking over me" ,
mentre gli occhi si scambiano messaggi,
leccando i contorni dei nostri desideri
e i muscoli scivolano nelle pieghe,
come fruscianti drappi di seta tagliente.
Lacci di cuoio sussultan la carne
e gli occhi di sfida corrono sfiorando la pelle,
come stupirsi dei particolari di un prato
e perdersi tra i riflessi di gocce di rugiada
che rispecchiano il mondo,
con le ginocchia bagnate,
mentre il marchio cola l'essenza
sui bordi di unghie taglienti,
che gocciolano sino a fondersi lungo i polsi
alle linee di punti di possesso.

Ora la terra scalda aliti di fuoco,
gocce di vento in fertile pioggia.
E le labbra si schiudono dallo stupore,
danzando sui gemiti di note di sospiri,
sui lenti passi che calpestano distese di petali,
che hanno l'odore di Noi,
mentre le tue labbra si riempiono
di ciò che le mani strappano
e le mie dita schiacciano gusci di conchiglie,
per spargere gocce di silicio tra i solchi della tua terra.
Annusiamo il sapore,
lecchiamo gli sguardi,
ascoltiamo il toccarci,
vediamo l'odore spargersi come gocce che colano in Noi,
tocchiamo con le nostre dita tutto ciò che ci appartiene.
Ed è acqua
ed è terra
ed è fuoco nel vento.
"Taking over me"
In un tempo che non ha tempo.



mercoledì 2 marzo 2011

Saltellando qua e là nel mio percorso succede,
anche se non sembra,
che rallento.
Non guardo di sicuro l'unica fermata certa,
anche perchè ho "abbastanza molto ancora "da fare.
Normalmente io parlo molto,
fa parte di me,
del farmi conoscere,
nel non nascondere le mie migliaia di difetti,
che continuo a portarmi dietro.
Valigia non pesante,
facente parte del soggetto se medesimo in questione.
Mi ritrovo nel mio aspetto di dannato,
non l'ho dovuto sposare,
sono solo entrato nelle scelte che ho deciso
e non ne sono per nulla pentito,
non rinnego nulla.
La mia lingua è come setole di pennello,amo descrivere le emozioni e le sensazioni,
cerco di farlo ,seppure continua a rimanere difficile colorare immagini
con parole che spesso non sono bastanti,o che perlomeno non arrivano a soddisfare completamente quello che vorrei esprimere.
Però questo mio parlare,
non fa parte di un piano prestabilito,
come in tutto io improvviso,
lasciando che i riflessi dei particolari vissuti in determinati momenti,
diano voce al mio silenzio.
Questo incanta.
Quella lastra di nero dannato che riflette le luci.

E il mio percorso non si ferma,
il mio percorso non ha mete,
se non quella di conoscere,
di continuare a stupirmi.
Solo che mi accorgo che le parole che io chiamo silenzio,
alla fine non sono altro che questo.
Chi si ferma lungo il tragitto,
mi dipinge con colori acidi,
riflette solo il nero su di me.
Vestito che non rinnego,
vestito che mi si addice,
continuo a vestire solo me stesso.
Purtroppo nel percorso c'è chi perde le mie parole e vorrebbe far mie le sue.
Con questo non voglio dire che non commetto errori.
Li commetto eccome.
Però stringere il pugno per fermare il vento sembra impossibile..
in effetti da fermi è impossibile.
E quando questo succede si sfaldano quei castelli che si erano costruiti,
non importa siano di sabbia o di mattoni,
l'erosione della staticità,
dello scontato,
non fanno altro che erodere nel tempo qualcosa che sembrava certo.
E crollano tutti quei pensieri sul futuro,
che io non ho e non perchè lo rifuggo,
ma perchè non voglio perdermi il presente pensando a qualcosa che ancora non esiste.
E da li il mio non fermarmi inizia a fare partire tutte quelle frasi di rinfacciamento su un passato che era presente,
su un vissuto che era crescente.

Solo che io non rinnego il passato.
A volte mi chiedo se in quel passato ero da solo senza accorgermene.

Si respira aria buona quaggiù.
Amo quando mi mandate all'inferno.