Dovevo partire per la leva militare.
Avevo salutato mia nonna,che già mi guardava sospettosa.
I miei genitori,che speravano mi facessero fare almeno 36 mesi,pur di avere meno guai.
E gli amici.
Caloroso saluto,festa sui colli a far volare gli aquiloni.
E la notte le mie amiche mi avevano preparato una stanza,dove poter stare con lei e così fu.
Partii,con poca voglia e l'assoluta intenzione che durasse il più breve tempo possibile.
Arrivai con un notevole ritardo alla caserma destinatami.
Jeans lisi dall'uso,cadenti,piercing ,completamente rasato a zero.
Beh,durò poco.
Sei ore di caserma e demolii una vetrata con un pugno e cinque persone che cercavano di trattenere la mia rabbia.Impauriti tutti dalla devastante scena,mi dovetti costituore perchè nessuno intendeva avvicinarmi.
Era venerdì,circa le 21.
Fui portato in infermeria.
7 punti in una mano.
Non mi potevano trasferire alla neuro militare,era il fine settimana ormai e non mi avrebbero accettato.
Così nella fortuna di essermi comunque liberto in fretta ebbi come regalo il trasferimento in manicomio.Quello civile.
Per tre giorni fui imbottito di Valium.40 gocce due volte al giorno.
Calcolando che si sono folle,ma li fingevo la mia pazzia,ne fui devastato.
Allucinazioni,debolezza totale.Tra gli internati un uomo chiamato Cencio,il cui nome descrive il soggetto,una donna anziana che pretendeva farmi da mamma e non mi faceva respirare,un ragazzo che con le mie stesse dosi di tranquillanti saltava come una cavalletta.
Di fianco allo studio della psichiatra,che mi ispezionava due volte al giorno,c'era una porta vetro,che precludeva una stanza isolamento.
Dentro vi era una ragazza molto bella,scattava spesso,il suo viso si deformava e spesso completamente nuda.Isolata da tutti per non fare male, ne farselo.
Il secondo giorno cominciai a connettere,si fa per dire e mi ritrovai cercando di muovere le gambe davanti alla vetrata.
Io e la ragazza ci guardammo.
Lei era incontenibile nella sua epilettica schizzofrenia.
Mi sedetti ai bordi di quel vetro che ci separava.
Si avvicinò piano.
Nuda,con gli occhi che sembravano uscire dalle orbite.
Si sedette anche lei.
I nostri occhi non si staccavano.
In silenzio ci guardavamo e il suo viso si rilassava.Contemporaneamente entrambi appoggiammo la mano sul vetro come fosse uno specchio.Premendo.Cercando il contatto.Quasi un sorriso.
Si accorsero di me e mi riportarono nella mia stanza.Ma ogni volta lasciavo passare un pò di tempo e poi tornavo alla vetrata.E ogni volta venivo riportato indietro.
La notte tutti dormivano.Gli infermieri non si preoccupavano seduti a chiacchierare nella loro stanza e io fui di nuovo là.Appena mi vide anche lei.Ora entrambe le mani si cercavano e quello non era quasi un sorriso.E mi chiedevo che cure le fossero fatte,come fosse seguita,quando bastava un semplice gesto umano di affetto a farla calmare.Ogni volta che mi portavano via cominciava ad urlare.E quando eravamo di fronte mi studiava.Cercava anche l'odore e quando la mia mano si faceva pesante e si spostava verso il basso la seguiva per non lasciarla andare.Appoggiammo anche la fronte,il naso,lei impresse le sue labbra sul vetro.Non era un bacio era bisogno di contatto,di calore umano,di un soffio che desse un sorriso.
Mi dissero che sarei stato trasferito all'ospedale militare il pomeriggio del terzo giorno.Sapevo che di li a poco sarei stato congedato e avrei potuto raggiungere Mona ancora a Bologna e le mie altre mille follie.
Ero pronto,dire in forze era molto.Feci per andare a salutare la ragazza,fui bloccato dagli infermieri.I militari ,che mi dovevano trasferire ,erano arrivati.Riprovai ,ma nulla.
Allora la rabbia salì spostai gli infermieri e guardandoli gli dissi"Solo un minuto"
Arrivai alla vetrata.Lei dal fondo della stanza mi vide e venne.
Ci attaccammo al vetro entrambi,avreii voluto attraversarlo per stringerla forte.Forse l'abbiamo fatto.
Me ne andai.
Ricominciò ad urlare.