sabato 31 ottobre 2009
Sono il peggiore dei sordi,ma so ascoltare
e tra l'eco di un grillo che trema alla nebbia notturna
una coccinella si posa sulle mie dita,
con suo manto rosso puntellato di nero,
gli parlo di te
e rimane ad ascoltarmi
gli parlo di noi di quello che già sa
del senza parole
racchiuso in tre puntini.
Le dono un bacio e se ne va.
Attraversando il tragitto che percorre quei fili,
che l'ombra della luna in ombra riesce a legare,
si posa sul tuo odore.
Spezza le note della carne
nell'essenza d'arancia,
spingendosi dentro le umide pieghe della tua rosa,
cogliendone l'essenza nel tremare delle tua pelle bianca,
che gocciola ciò che di te non è stato ma è.
Alzo lo sguardo seguendo le pieghe,
graffiando la pelle al tuo affondare le unghie sulla mia schiena,
mentre i tuoi seni tremano sulle mie mani rapaci
alzandosi al ritmo dei miei pennelli.
Tu che fai parte di me
in un legame indissolubile nel tempo,
in un dono che non si restituisce.
E la cocinella si posa su di te,
per entrare nel tuo cuore,
dove troverà ancora me ad aspettarla.
Solo un segreto che non ho mai rivelato,
incredibile Oren ha paura,
non teme la cecità,
riesce a sentire le emozioni
e ti ama così come sei,
nel buio di questa luna
che lega le essenze senza spazio,
senza tempo,
senza sesso,
senza razza.
Temo di diventare sordo.
Non potrei ascoltare i tuoi silenzi
e tutto non avrebbe più un senso.
martedì 27 ottobre 2009
La notte è lunga per non voler dormire e questo accade da un pò.
Il rifiuto di raggiungere il mio bosco,
il rifiuto di uscire per allontanare i pensieri,
il posare il proprio corpo sul tetto di casa,
il dirigersi la mattina verso l'argine del fiume,
nella coscienza che tutto scorre.
Non dormire per non sognare,
quando il sogno è un incubo,
quando gl incubi poi si avverano
e perdi i denti come stelle cadenti
dal desiderio inverso
e la morte
quella che non puoi sfidare,
non puoi illudere
stende le sue mani
e si porta via chi ami.
E ancora la tua mano sulla spalla,
come se non la avessi mai avvertita,
tu fratello di un tempo passato,
mai passato,
mi tocchi con dito,
quello su cui tenevamo qualcosa,
che era la rabbia che tutto non andasse bene,
la rivolta all'oppressione mentale
al doversi adeguare all'imposto,
quella rivalsa dal prezzo esoso,
che comunque aveva l'odore dell'essere liberi.
Mentre la vita scorreva dentro quelle case fatiscenti
dalle porte sbarrate,
da cui potevo entrare ed uscire quando volevo,
rifugio di anime perse,
contrarie alla ragione dettata,
senza possibilità di scampo,
perchè c'era già
chi non poteva permettersi il lusso di una casa,
di vestire una famiglia di muri,
di esaurire il cibo per pagare un affittto.
La nostra stanza coi vestiti sparsi per terra,
con la porta chiusa a chiave per evitare gli attacchi di Ester
e le mille avventure in cui ti hi travolto,
hai seguito sempre le mie follie.
Ed ora l'estremo saluto,
con una mano sulla spalla a salutarmi..
"Stammi bene fratello!"
...
E tu che ritorni a portarmi novellla
di una morte annunciata
recandomi un fiore,
spargendo parole alla mia accettazione,
che non voglio ascoltare,
tu che sai che mi sono fatto un idea
per accettare il baule,
tu che scegliendo per te
hai scelto per me.
E i fari di una macchina
in una notte autunnale
che puntano alla mia vita.
Un istante,
un momento,
sarebbe stato così facile
eppure ho scelto ancora una volta la vita,
io che sono già morto,
per non dover battere banco,
in sogno,
sulla spalla di chi amo.
domenica 25 ottobre 2009
...a Te che il tuo nome non metti...
Sottile il respiro
che vaga sul tuo corpo sfiorandolo
stretto nei miei pensieri
di notti di sogni ad occhi aperti,
calato tra le onde della tua pelle bianca
a veleggiarne il rapido tremolio
di una scossa di vita
A te che non ami il tuo corpo
di cui mi riempio di odore le mani
tracciando linee su questo mare
senza graffiare.
Coprendolo col mio corpo
di velluto vetrato
e lasciando che ti posi dentro di me,
con la dolcezza che nom conoscevi
io pervado la tua anima,
quella che hai ritrovato
e pensavi di non avere mai avuto.
Ai tuoi sospiri
che sciolgono il ghiaccio dell'inverno che amiamo,
che salgono nel silenzio di un albero distante
che riporta alla mente il mio bosco
dove non hai paura ad entrare
e ti lasci andar alle piccole cose
ai piccoli gesti che ora richiamano ogni parte di te
urlando quasi vendetta
lasciando sgorgare le farfalle dal tuo stomaco
e piccole gocce di rugiada sulla tua rosa
che asciugo come un bambino
tremando nella mia crescita.
Ma non è paura.
E' solo il suono dell'assestarsi della fragilità,
dell'inconsitenza della consapevolezza che marcia sempre davanti ad ogni cosa.
Così tanto
che se ci giriamo indietro
vediamo il futuro.
Mentre noi
Si amo
ADESSO
E questo è ciò che mi ha fatto capire dove stavo sbagliando
Mi hai posato su una mensola e mi hai custodito per te stessa
Io posso biasimare solo me stesso, tu puoi biasimare solo me
E potrei scrivere una canzone lunga cento miglia
Beh, questo è il mio posto e il tuo posto è con me
E potrei scriverlo o divulgarlo tutto intorno
Perdermi e poi trovarmi o essere inghiottito dal mare
Mi hai steso su un filo e mi hai appeso fuori ad asciugare
Cara questo è stato quando ho deciso di capirti
Mi hai ridimensionato e mi hai spalancato gli occhi
Mi hai reso in grado di realizzare cosa non potevo vedere
E potrei scrivere un libro, quello che descriveranno come il libro che ha impressionato il mondo
E poi il mondo lo riporterà, lo riporterà indietro da me
E potrei scriverlo o divulgarlo tutto intorno
Perdermi e poi trovarmi e tu tornerai indietro da me
Non inghiottita dal mare
Oohhhh Ahhhhhh
E potrei scrivere una canzone lunga cento miglia
Beh, questo è il mio posto e il tuo posto è con me
Le strade su cui stai camminando, lunghe un centinaio di case
Beh, questo è il mio posto e il tuo posto è con me
Oh cosa c’è di buono nel vivere senza niente da poter offrire
Dimenticare ma non perdonare
Senza amare tutto ciò che vedi
Le strade su cui stai camminando, lunghe un centinaio di case
Beh, questo è il mio posto e il tuo posto è con me
Non inghiottita dal mare
Il tuo posto è con me, non inghiottita dal mare
Sì, Il tuo posto è con me
Non inghiottita dal mare
mercoledì 21 ottobre 2009
Boulevard Of Broken Dreams -E le linee viaggiano parallele anche distanti
Cammino su una strada solitaria
L’unica che io abbia mai conosciuto
Non so dove porti
Ma è casa per me e cammino da solo
Cammino questa vuota strada
Nel viale dei sogni spezzati
Dove la città dorme
E sono il solo e cammino da solo
Cammino solo cammino solo
Cammino solo e cammino s-
La mia ombra e l’unica che cammina accanto a me
Il mio profondo cuore è l’unica cosa che batte
Qualche volta desidero che qualcuno là fuori mi trovi
Fino a quel momento camminerò da solo
Ah…ah….
Sto camminando giù lungo questa linea
Che divide me da qualche parte nella mia mente
Sul bordo della linea della sponda
E dove cammino solo
Leggo tra le righe
Che cosa è sbagliato e tutto quello che è giusto
E cammino solo
Cammino solo cammino solo
Cammino solo e cammino s-
La mia ombra e l’unica che cammina accanto a me
Il mio profondo cuore è l’unica cosa che batte
Qualche volta desidero che qualcuno là fuori mi trovi
Fino a quel momento camminerò da solo
Ah…ah…
Cammino solo e cammino s-
Cammino questa vuota strada
Nel viale dei sogni spezzati
Dove la città dorme
E sono il solo e cammino da s-
La mia ombra e l’unica che cammina accanto a me
Il mio profondo cuore è l’unica cosa che batte
Qualche volta desidero che qualcuno là fuori mi trovi
Fino a quel momento camminerò da solo
Amare me,
significa amare la morte,
è l'evidenza.
Il vedere cadere i tuoi sogni,
ll chiudersi dei bauli,
il fumo di una Lucky che sale sui vetri dell'ospedale,
i segni di una frenata sull'asfalto,
quello che ho ancora nelle vene,
che mai mi lascerà.
Nel non rinnegare nulla di ciò che ho fatto,
accetto ogni cosa,
consapevole di chiedere un prezzo troppo alto,
a noi che non chiediamo sconti
e nemmeno ci sono concessi.
Amare me significa amare il dolore,
stare coi piedi sugli estremi,
lasciarsi scivolare tra i dettagli che li uniscono,
rifiutare ogni logica ragione se dovuta,
amare se stessi è d'obbligo,
perchè solo in questa maniera so con chi ho a che fare.
Amare me significa amare i colori nascosti nel buio,
i suoni che vibrano il silenzio,
la pioggia,
il gelido inverno,
la vaga fantasia tra la condensa della nebbia,
immergersi nella natura a trasformarne il corso con l'eccesso,
Incapace di troncare i fili che mi legano il cuore,
anche nella rabbia,
nel non sense,
nel possibile abbandono.
Chi lo ha toccato vi rimane legato,
con quelle porte che rimbalzano al passare del vento di cui sono fatto,
tra lo sbattere di usci dell'inferno,
che non ha sbarramenti per me.
Inguaribile,
chi vestito di se stesso,
trasforma solo ciò che non vuole e non può distruggere,
ingestibile dagli eventi,
che possono rallentarne il passo,
ma non fermarlo.
Irriverente il sorriso di quattro mani appoggiate sopra un vaso.
E' in corso un processo a me stesso.
A porte chiuse.
Unico giudice,
unico reo.
Il verdetto?
Un'assoluzione alla soluzione
è ora di pensare
che stando fermo,
non posso essere io a sbagliare
domenica 18 ottobre 2009
Ciascuno nasconde il suo dolore tra le pieghe del suo pianto,
parole che cercano di esprimerlo,
ma la reale sensazione rimane dentro,
aggrappata all'anima.
Così è stato.
Abbiamo scambiato sui nostri corpi,
ciò che ci aggrediva,
come se volessimo trapassarcerlo per sentirne l'urto.
Come se le sue mani volessero strappare ciò che non era suo,
per farlo entrare nella carne,
mischiato ai morsi di una rabbia che esplodeva
tra il colare del desiderio del dolore,
in quel sapore che sapeva di rivalsa,
mentre le reni si innarcavano
lasciandosi fare
e incitando il tormento tirandolo a se,
per non lasciare che un frammento potesse sfuggire,
nel ruvido spezzare di nervi che abbracciavano la vendetta,
cedendo alla consapevolezza che rimane solo nostro,
quel dolore che cerchiamo,
che è gia dentro,
che strappa urla
di un piacere animale.
E il fuoco divampava lenendo le ferite,
che le lingue coprivano fino a placarlo.
E distesi in una pace apparente,
le mani cercavano il calore,
sottolineando le curve dei corpi
ed erano baci che cercavano,
mentre quelli che prima erano tagli,
diventavano carezze delle unghie,
quelle che erano spinte,
si trasformavano in sospiri di ricerca di completamento.
E le sue gambe avvolgevano le mie
e i suoi seni mi abbracciavano schiacciati dal mio corpo
e il calore scuoteva leggermete le labbra sino a farle innondare.
E così siamo rimasti,non so quanto tempo.
Le ginocchia sotto il mento e sono rimasto a vegliare i suoi sogni.
giovedì 15 ottobre 2009
Outlet's love
che rimangono a sbattere al movimento del vento,
che si intrufola nelle stanze vuote dai segreti,
l'inferno mantiene la sua ultima porta serrata.
Non è la bontà a riscattare l'uomo,
è il delitto,
il peccato.
Si pensa che con amore,baci e abbracci si possa risolvere qualcosa.
Sono solo chiacchiere.
Questa è e rimane solo la superficie.
In quanti la accettano?
In quanti vogliono andare a fondo?
Molti si accontentano di questi segni convenzionali
che si possono scambiare senza pericolo,
del loro assaggio
e poi rimangono assetati per tutta la vita.
E ci chiediamo se esiste l'appagamento,
la risposta che potrebbe dare senso a questa sofferenza.
C'è chi non si ferma alla superficie
e va più a fondo,
condividendo i propri sogni,
i propri pensieri,
cercando di fondere la propria anima,
di fare discutere i propri corpi di tutto ciò che è possibile,
E si cerca il senso di sguardi,
delle parole,
del contatto dei corpi,
del desiderio ardente,
delle risposte alle domande che i corpi si fanno.
Si percepiscono
e si inseguono odori,
sapori,
labbra piene di nettare,
pieghe colme di miele,
muscoli che svettano nel piacere.
Che strani i movimenti dell'amore.
Se si osservassero da fuori,
quel mordersi,
abbrancarsi,
afferrarsi per il collo,
graffiarsi,
battere i pugni sulla porta chiusa,
frugare in un corpo estraneo,
non darebbero altro che un'immagine di collera,
una punizione,
una resa dei conti.
E lo chiamiamo amore,
figurarsi se fossimo arrabbiati.
E si ripetono queste scene
che fanno rimanere tutto in superfice,
rimane la sete,
rimane la fame,
che ci illudiamo mano nella mano,
di condurla a casa,
tra i muri famigliari,
dove pensiamo di godere delle gocce del nettare della felicità.
Eppure l'appagamento,
rimane un quesito,
una domanda sospesa,
a cui nonostante la ricerca
non sappiamo dare risposta.
E perpetuiamo la fame di ciò nella consuetudine di gesti,
che piano piano perdono spessore,
consistenza.
I ti amo gettati nel vento,
come una vela spiegata per forza,
anche se la nave rimane ancorata al porto.
E nasce la voglia di recidere,
quelle funi che si stendono dal ponte al molo,
di spegnere il fuoco che brucia lo stomaco
con bitte,
quasi fosse un sacrificio di se stessi,
per un momento di pace.
E gli sguardi che prima brillavano si spengono
in una luce di maschera dagli occhi spenti
e viva rimane solo nel suo fuoco perpetuo,
la domanda,
se l'appagamento è possibile,
non quello di un istante che crolla nel piacere della carne,
nella carezza dell'anima,
ma qualcosa di bastante,
che riempa come il vento di una tempesta,
come la caduta d'acqua di una cascata,
come un piccolo punto
in cui tutto è compreso e non compresso.
martedì 13 ottobre 2009
Occhi verdi
Il tempo sarà anche una convenzione,
un salto in un istante durato non so quanto.
Rivederla e lasciare che le parole parlino di noi,
trattenendo le lacrime per non ricordare ciò che fa male.
E il liquido alcolico che lascia aloni nel bicchiere,
che a tratti ipnotizziamo nella concentrazione di un evento,
che ci riporta indietro nel tempo
e il dolore ipnotizza i nostri occhi nel girare il nettare tra le mani,
sperando che quello che diciamo sia solo immaginazione.
Lasciare che altro prenda il sopravvento
in questi Outlet di svendita di eventi,
di affetti,
di fughe,
nascosti all'ombra di quel nulla
che abbiamo sempre "rifiutato",
ma da cui ci siamo lasciati avvolgere.
E le parole cavalcano il tempo.
E' tardi.
Devo andare.
Eppure mi chiede di restare,
per non lasciarla coi suoi spettri.
Rimango.
In questo momento sono anche i miei.
E gli occhi staccano dal basso
per scivolare sulle nostre mani incrociate
e salire lungo la sua pelle bianca sino ai suoi smeraldi,
che spenti chiedono un pò di calore,
come se ne avessero dimenticato il ricordo,
come se il gelo di quel ghiaccio avesse bisogno di essere sciolto.
Lentamente i respiri si avvicinano,
sciogliendo le labbra,
che scivolano una dentro l'altra,
per stringersi in piccoli tocchi di sapore,
che colano quel freddo insitente sulla sua pelle,
a cui la stoffa lascia spazio,
su cui si scioglie il suo profumo
denso di sapore acerbo che sa di antico,
amaro come cioccolato fondente,
che la lingua rende miele.
Si lascia andare a quelle carezze dimenticate da tempo,
come il tronco di un salice
che si piega al vento,
a cui si aggrappa quasi spezzando le unghie,
a cui dona il suo sapore,
lasciandolo entrare.
Due corpi appoggiati sul letto,
carne su carne,
mentre la punta del seno
riga il mio torace,
per raccogliere quell'attimo di pace,
tra le foglie verdi di un pero,
dai frutti maturi.
domenica 11 ottobre 2009
il buio della notte,
foglie che cadono sul mio corpo ,
come il velo che ti avvolge nel suo calore,
rimango ad ascoltare,
il silenzio del mio bosco che quasi impaurito
non attende che un mio cenno.
Eppure sono qua.
Sono tornato,
anche se il colpo peggiore deve ancora arrivare,
ma ora sono pronto per poterlo accettare.
Scivolano a terra
ondeggianto tra i flutti dell'aria,
appoggiando i piedi scalzi sul dorso delle foglie,
quelle consapevolezze,
che nulla si può fare,
che nonostante la tenacia,
il ghigno,
la rabbia,
l'infondere l'ultimo abbraccio
che prepara ad un volo,
il destino si compie.
Lotto con me stesso nonostante tutto,
difficile stare immobile.
Seduto sul salto della cascata,
mentre la luce si fa strada
tra le mani della notte,
osservo la buca d'acqua sotto di me.
Si staglia un sorriso,
tra il verde arrossato di questi frammenti di veli,
che lasciano le braccia che fino ad ora li hanno sorretti,
per abbracciare il tocco del tuo corpo.
Un cuscino copre ancora
il tuo pudore sulla pelle bianca,
seduta sul divano
che ha ancora l'odore del piacere
e lentamente scivola
per farti allungare sul mio corpo,
appoggiare il tuo capo alla mia spalla,
la nostra carne si avvolge
nel silenzio di casa.
sabato 10 ottobre 2009
Solo noi lo possiamo accettare
Come fare poesia senza uno strumento in mano,Vale?
Come fare poesia senza una musa?
Come fare poesia senza malinconia?
In questo momento che è confusione,che fatico ad accettare che chi amo muoia e commetto stupidaggini con chi amo e non dovrei.
E' tornata la pioggia.
Eppure il grillo rimane ad ascoltarne il battito ,
affascinato dal suo lento cadere
e cerca la forza di far scivolare
quest'aria pesante sulla sua pelle.
Appoggio la mano sotto il mento,
quasi ad accompagnare le urla che vorrebbero uscire.
la alzo sulle labbra per bloccarle
e la lascio scivolare sul petto,
su quel cuore che,
oggi per follia,
ho pensato di voler strappare.
Mentre le note
si mischiano al tichettio pungente sulla mia pelle.
Devo tornare,
lo devo fare.
E' un pò che manco,
anche se non ho abbandonato il mio cuore,
anche se spesso ascolto in silenzio,
anche se spesso taccio,
ma lascio che la mia pelle
scorra sulle corde di bronzo di questa chitarra,
per sentirla vibrare,
perchè questo mi da l'emozione di amare,
anche se chiusa da un non possiamo fare nulla
l'uno per l'altro.
Ferite,
ferite del cuore,
inferte dalla consapevolezza del capire,
dalla spontaneità di riuscire a parlare,
dal non giudicare,
sapendo che solo noi lo possiamo accettare.
E ti guardo dormire,
là sotto le stelle del Sud,
rimango ad aspettare,
che le labbra si tirino,
per accennare un sorriso.
Noi che non a caso diciamo la parola amo.
Solo noi lo possiamo accettare.
Fa male,
ma anche questo è amore.
NIENT'ALTRO HA IMPORTANZA
-
Così vicino non importa quanto lontano
Non può essere troppo lontano dal cuore
Abbi sempre fiducia in chi siamo
E nient'altro ha importanza
Non mi sono mai aperto così
La vita è nostra, e la viviamo a modo nostro
Tutte queste parole che non dico
E nient'altro ha importanza
Cerco fiducia e la trovo in te
Ogni giorno per noi qualcosa di nuovo
Apri la mente ad un nuovo punto di vista
E nient'altro ha importanza
Fregatene di ciò che fanno
Fregatene di ciò che sanno
Ma io lo so
METALLICA
mercoledì 7 ottobre 2009
S...i
L'aria intrisa da una fitta pioggia che cadeva sul ciotolato.
Poca gente per le strade e le case sembravano strette nel loro abbraccio.
Sbuffando il fumo dai loro camini.
I due uomini (o l'uomo) si diressero verso quella vetrata che colava lacrime di condensa,tracciando righe,che scendevano veloci verso il basso,lasciando intravedere ben poco al suo interno.
O spinse la porta ed entrarono.
N era subito dietro di lui,come sempre.
Il calore della sala da the li avvolse.
Cominciarono così lentamente a sbottonarsi il pesante pastrano,
guardandosi in giro curiosi.
Non era affolatissima la sala.
Superarono una coppia seduta ad un tavolo quasi sull'entrata e si diressero verso il centro.
Giravano il loro sguardo per trovare ciò che cercavano,il motivo che li aveva condotti fin là.
L'aria era riempita dal suono dei cucchiai nelle tazze date,dalle voci dei presenti che sommessamente scialavano i loro discorsi,che si perdevano nella non attenzione a questi di O e di N.
La videro.
Stranamente da sola al tavolo.
Lei solitamente attorniata da tanti avventori,dagli sguardi delle invidiose,dalle convenienti attenzioni di tutti.
Nell'aria un sottile odore di vaniglia,che contrastava con l'odore di fumo e gli aromi speziati dei the.
Si liberarono dei soprabiti e tentennavano ad avvicinarsi,vedendola così solitaria,nel suo vestito bianco che le scendeva sino ai piedi,che dava forma al suo corpo,stretto da sottili nastri rossi,che tiravano in prossimità dei seni e adornavano il suo collo.
Sul suo viso c'era un sorriso,che però in maniera inusuale,non illuminava l'aria,come era sempre stato.
Aveva un'espressione stanca,appesantita,non dal tempo,ma da quell'oscura forza che le tratteneva ciò che era sempre stata luce,ciò che aveva sempre attirato tutti,ammaliato e messo chiunque a propio agio.
Lasciava girare un dito sul cerchio della tazza,in maniera distratta,avvolta nei suoi pensieri,in quello strano silenzio che spezzava il brusio delle voci,quando in passato era il silenzio dell'ascolto di tutti i presenti ad avvolgere la sua voce.
O-Che facciamo?Ci sediamo?
N-Non sembra abbia voglia di compagnia.
O-Basta chiedere no?
N-Ma sembra voglia stare da sola.E' sempre bellissima,ma non vedi quanto è triste il suo viso?
O-Ma sta sorridendo.
N-Osserva bene O.Non è il suo solito sorriso,sembra quasi stampato sulle labbra,sul suo candido viso.Sembra stampato nell'aria.Se si spostasse,rimarebbe li,fissato in quel punto e potremmo vedere il suo volto reale in questo momento.
O-E' vero,ma bisogna pur fare qualcosa.Fa male vederla così,Fa nulla fa male.Lascia fare a me.
N-Tu O col tuo tatto sei un disastro,se proprio vogliamo.vado io,che è meglio.
O guardò N col suo sorriso brigante e N scuotendo la testa si avvicinà al tavolo.
N-Buon pomeriggio Signora.
Lei alzò gli occhi in silenzio,spostandoli su di loro.In effetti il suo sorriso non cambiava espressione e comunque accondiscese alla domanda di potersi sedere con lei fatta da N.
S riabbassò lo sguardo.
N sedeva alla sua destra in ssienzio,contemplandola con gli occhi rattristati.
O spavaldo come sempre non taceva un istante,riusciendo anche ad interrompere se stesso mentre parlava.Poi incredibilmente,non si sa per quale miracolo,tacque anche lui.
Non era un miracolo.
Era la sensazione che emanava stare al cospetto del silenzio di S.
Una sensazione di paura,che aveva superato tante altre.Una paura che gli si presentava in ogni occasione,in ogni singolo movimento,in ogni spostamento,in ogni occasione.
Ed entrò dentro di loro,facendone in qualche modo parte,strisciando sulla loro pelle.E la consapevolezza si faceva strada nella mente di N e nonostante i tentativi da buffone e saltimbanco di O,nulla cambiava.
Erano incantati come sempre da lei,dalla sua bellezza,talmente semplice da renderla vera,pura.Incantati da qul silenzio,che aveva cancellato in loro l'udire di qualsiasi suono dentro quella sala da the.
Tanto da non sentire chi gli chiedeva cosa volessero da bere.
Tanto da non accorgersi che S aveva iniziato a parlare.
Del lento morire del suo cuore.
Della delusione,della disillusione,dei tagli del cuore,della pesantezza di essere stata usata,di aver dato tutto se stessa in ogni occasione e non aver mai ricevuto nulla in cambio,delle ferite subite da chi sapeva di infliggerle,dal bisogno non appagato di essere amata come lei amava e di non trovare nessuno capace di farlo.
E la sua voce,anche se comunque giungeva come un suono piacevole a O e N,era dura,tagliente,armata di quella consapevolezza che porta al cinismo,causata dal contrasto tra il suo interesse costante agli altri,ripagato con l'indifferenza per lei.
E ora il nulla invadeva la sala,riempiva ogni angolo,stringento il cuore di S,accartocciandolo su se stesso,spazzando le lacrime di O e di N,perchè Fa nulla fa male.
E alle parole di questa canzone O e N si guardarono in viso.
O rientrò in N e alla domanda rispose
S...i.
martedì 6 ottobre 2009
lunedì 5 ottobre 2009
Che peso ha un pensiero?
Che peso ha un pensiero?
Quando accompagna il tuo giorno,
si getta con le mani in un passato che ritorna
e non conosci,
ma sai che riconosci?
E tra le nuvole che macchiano questa notte,
la luna implode il suo raggio,
come il prisma di un faro,
che si vede
tra le onde di un oceano,
che travolge.
Che peso ha un pensiero?
Che ricerca il suo senso,
che veste la tua anima di un colore intenso
e come pennelli l'accarezza
e rimane sospeso.
tra le pagine
di un libro che mai chiuderemo.
Che peso ha un pensiero?
Trasportato dal vento,
che freme incessante tra il giallo delle foglie,
che si inerpica tra le pieghe del corpo,
lasciando tracce indelebili,
che assumono forme dall'oscuro linguaggio,
non tradiscono il silenzio suonato da tempo.
Che peso ha un pensiero?
Quando si infiltra sotto la pelle
e riesce a stendere il tuo sorriso
e porta quella soma del nulla ,
che nulla non è,
come a una farfalla
a cui pesan le ali
e si appoggia sovente su rami cadenti
a sentirne l'odore,
a sfiorarne il sapore,
a riempirne il pensiero
che pesante non è.
Che peso ha un pensiero?
Se non quello dell'esistenza,
dell'umana sofferenza,
del riflesso dell'essenza,
come l'alone di fumo,
che scia questo buio
gocciolante di te.
sabato 3 ottobre 2009
Feeling this
L’ aria è così fredda e bassa (sto sentendo questo
Vado nella sua stanza (sto sentendo questo
Io amo tutte le cose che fai (sto sentendo questo) [vorrei toglierle i vestiti]
Mostrami la strada per il letto (sto sentendo questo)
Mostrami la strada che fai (sto sentendo questo)
Fottilo, è simile a una macchia (sto sentendo questo)
Io amo tutte le cose che fai (sto sentendo questo)
Il destino dice che il tempo è poco
Il tuo sorriso si sbiadisce nell’ estate
Metti le tue mani nelle mie
Io ti lascerò quando voglio
Dove andiamo da qua
Spegni tutte le luci ora
Sorridendo da orecchio a orecchio (sto sentendo questo)
I nostri respiri sono troppo ad alta voce (sto sentendo questo)
Mostrami il piano in cui si trovano le camere (sto sentendo questo)
Mostrami lo specchio del bagno (sto sentendo questo)
Stiamo prendendo questa strada troppo lentamente (sto sentendo questo)
Portami via da qua (sto sentendo questo)
Questo posto non era più lo stesso
Dopo che sei venuto e andato via
Come puoi dire che tu non senti nessuna differenza
So ognuno sta da solo
Sulla strada con una sigaretta
Nella prima notte in cui ci siamo incontrati
Guardo il passato
E ricordando sorrido
E può darsi che stanotte
Io posso respirare per un momento
Io non sono nella scena
Io penso che mi sto addormentando
Ma poi tutto quello che significa è
Che io sogno sempre te
(Noi siamo soli, lo senti?
Così persi e disillusi)
E chiudendo gli occhi,
il buio delle palpebre diventa il bianco della tua pelle,
che contorno lentamente,
cogliendone ogni increspatura,
ogni piccolo movimento,
giocando con la lingua sui tagli delle cicatrici,
recidendo con le labbra quei fili che ti avvolgono,
per lasciarmi legare dal loro tessuto,
perchè il desiderio li percorra,
come funi dall'altalenante movimento,
che prima scoprono segreti bagnati
dal calore intenso
e poi lo fendono tirandone la pelle,
lasciando rosse ditate sulle cosce
e linee vermiglie che arrotondano i seni.
Come se il respiro
ritmasse una musica
diretta dalla bacchetta stretta nelle tue mani
e tutto ciò non potesse sfuggire,
non volesse,
neanche un istante,
un movimento,
una goccia,
sospiri a bocche aperte che cantano in coro,
quello che il desiderio chiede,
quello che i tuoi battiti chiedono di essere riempito,
violato,
desiderato,
rapito,
dalla invisibile polvere che cade dalla mia pelle
per premere la tua carne
E lentamente si posa la rugiada del mattino,
scorrendo le sue stille sulle foglie,
posando tra i petali della tua rosa,
una goccia di sangue
che racchiude la linfa del piacere,
dove ci specchiamo entrambe.
Green Day - Before The Lobotomy - Lyrics
Avrebbero voluto che fossi un altro,
si compiacciono che sia così.
"Una fortuna avermi.Ogni famiglia dovrebbe avere uno come me,a cui addossare le colpe,in cui intingere le proprie frustazioni,i propri tabù".
Hanno provato ad instradarmi,ad indirizzarmi,a legarmi senza piacere,a provare a fare di me un burattino.
Non ci sono riusciti,
mi hanno scartato,
non ho passato l'esame.
Eppure mi osservano con rabbia,
vedendo che resco a sopravvivere,
che riesco a reggermi sulle mie gambe,
che non cado ai loro piedi.
Adesso che pensano sia più debole,
vorrebbero scavare nei meandri del mio ego,
bloccare il mio essere,
dirigermi verso strade imposte,
inculcarmi quei consigli,
che ho scartato in passato.
Desiderano la mia paura,
il mio tremare.
Potrei spazzare ancora tutto via con un gesto,
scansare ogni ostacolo,
farmi penetrare dalla loro spada,
che urla di vendetta che non conosco.
Desiderano che tracolli al peggio,
che tema la morte,
che smetta di amare,
che nasconda ogni possibile virtù
nell'annullamento di tutti i miei difetti.
Ma io non rinnego i peccati,
li lascio fare,
facendogli credere che Oren è cambiato,
che il suo ghigno è solo un ricordo.
Li lascio salire sopra di me,
gli do la sensazione di schiacciarmi,
di tenermi al collare.
Ma sono un lupo.
Rimango fedele in ciò in cui credo
e tengo la catena allentata.
Non si accorgeranno che i miei sogni
non sono altro che i miei desideri,
che continuano a vivere
ed io per loro.
Rimarranno stupiti
di non esserci riusciti.
Rimarranno a terra
e non mi vedranno cavalcare le nuvole.
Sognando
Sono il solo a sognare
Di un altro luogo e di un altro tempo
Da dove viene la mia famiglia
Cantando
Riesco a sentirli cantare
Quando la pioggia ha lavato via
Tutti questi sogni dispersi
Morendo
Tutti ricordano
I cuori sono lavati nella miseria
Inzuppati nella benzina
Ridendo
Non ci sono più risate
Le canzoni di ieri
Ora vivono sotto terra
Christian ha cantato l’elogio
Segna il mio amore in una memoria persa
Dalla fine del secolo