Mentre le ombre si allungano e il sole si appoggia lontano ai margini della prateria, visto da questa collina, nel piccolo villaggio ai suoi piedi sembra, che nulla sia cambiato nel tempo.
Forse perchè non si vedono gli uomini, forse perchè non si vede l'intorno, forse perchè sono solo nostalgico e mi piace vederla così.
In tutti questi anni vissuti a contatto con i membri della tribù,
ho visto il lento cambiare dei costumi, delle usanze,degli ideali.
Un rivoltarsi della vita, un inasprimento ,un abbandono alla resistenza e al sacrificio, un deserto di contatti , una diminuzione di quella che era l'essenza di comunità ,verso una vita totalmente soggettiva, racchiusa dentro ogni teepee , definendo margini al di la delle pelli.
VADO di FRETTA ,uno dei capi del villaggio, famoso e impavido guerriero, sempre pronto a difendere la propria tribù.Mi ricordo quando ancora giovanissimo prevalse nelle prove, che aprivano le porte all'età matura, alla possibilità di essere cacciatore o esploratore, di tingersi la pelle coi simboli del guerriero.
Eppure nel tempo, ha evitato , che i suoi figli e i figli dei figli , facessero lo stesso. Vinto da una fortissima apprensività,ha privato i giovani della possibilità di fare esperienze al di fuori del villaggio, di sbattere il muso contro la vita, cercando di anticipare i possibili errori in cui si può cadere, supervisionando i possibili incontri col mondo esterno,
come se le cicatrici, che porta sul corpo, fossero da rinnegare.
PETALO di CACTUS ricorda la sua giovinezza, fiera della sua bellezza e guarda le ragazze ridere beffarde ,sentendo l'echeggiare dei tamburi, lontani nel tempo, nei rituali dell'accoppiamento.Ricorda quando la squaw era legata al suo uomo per la vita, tanto da seguirne il destino , fosse questo anche la morte. Vede svanire nel fumo ,che esce dal teepee, i legami. Osserva come i giovani continuano a sfiorarsi, lasciando la danza aperta e i tamburi suonare, incapaci di smettere di ballare, lasciandosi andare solo ubriacati da una tenue euforia. Un momento, un istante. Lacrime danzanti sulla chiusura emotiva.
Il villaggio rimane fermo, incapacitato di muoversi, vinto dai compromessi del sopravvivere. Prima distrutto , poi reso pagliaccio, goffo nel muoversi e all'orrizzonte solo la nebbia e nell'intorno niente in cui credere.
Mi stendo sull'erba di questa collina e rimango a guardare, vinto anche io da questa atmosfera, godo dei miei ricordi, anche se maro rimane il sapore per chi da ricordare, qualcosa di diverso da questo vuoto, non ha.
Perchè noi popolo nobile che calpestavamo tutte queste terre, fieri dei nostri costumi, delle nostre tradizioni, impavidi nell'affrontare la vita, siamo stati vinti come tutti
dalla Paura.
Ah ,ho dimenticato di presentarmi.
OSSEQUIO di SEPPIA.