Come il re delle mosche,
maledetto nel suo regno del niente,
scrollo le macerie, che hai disseminato, dalle mie elitre.
Seguo danzando nel mio inferno,
coreografo dei miei passi,
che perdono il loro significato per chi non sta al ritmo,
per chi ha paura di danzare sul filo di una lama,
la cui punta divide le carni per lasciare sgorgare sangue rosso.
Non tinto di vomito blu.
Io non devo dissipare questo cielo sempre piú nero,
godo del suo sereno,
non ho bisogno di falsa luce per proiettare i miei film.
I miei tanti errori hanno sempre fatto a meno della strategia,
perché sono puro istinto e impulso,
peró hanno lasciato orme profonde,che non vengono seguite,
é l'eco del tuo mentire che gli da forma,
incastrando tessere di puzzle disfatti dal tempo,
palese immagine di ció che sei,
della maschera che porti.
Vittima solo di stessa.
Torneró a parlare.
Ora godo di questa musica tra il silenzio di mille voci sconosciute,
qui,
dove si rompe l'onda dell'oceano,
che tanto allunga le mani,
per poi rientrare senza nulla.