Si riesce ad udire tutto ,il tonfo delle gocce di questa insana civiltà,
che offusca l'aria ,
col suo velo di umido rancore,
verso quello che si vorrebbe ,
ma che non si ha il coraggio di fare,
con quello che si è
e ci si mente,
nascondendosi dietro paraventi,
il suono soddisfatto delle risa,
del lavoro compiuto.
Un restauro minuzioso,
che muta l'immagine iniziale,
quelle che è stampata sulla pelle,
su quella linea che la fonde all'anima,
quella pura.
Eppure si fugge alla purezza,
non consona al proprio agio,
nella paura di mostrarsi,
additando ciò che in realtà ci piace,
come orrore o come sbaglio,
a cui si somma il giudizio dell'ignoranza,
di un'educazione fatta di immagini riflesse in un video,
di una mancanza di vissuto,
di lunghe code di parole,
tra le file di quella massa ,
che procede verso il dato,
incapace di amarsi,
di comprendersi,
di non accettare per dovuto,
ciò che è prestabilito,
come fosse mai esistito un saggio,
che teneva tra le sue mani la sapienza
e la usava per il bene dell'umanità
e non per proprio tornaconto.
Tutto racchiuso in un niente
o in quei piccoli guizzi di mondanità
legati ai fumi degli attacchi al fegato,
o all'amanite che brucia ancora nelle nari la mattina
e troppo spesso alla disperazione,
al lancinante mordere del male di vivere,
che non è altro che il male di viversi.
E la rabbia ,
che non esplode verso i delinquenti legalizzati,
si getta sulla fila stessa,
premendo il suo non senso sul capo di prova ad evadere,
di chi mangia dal nostro stesso piatto,
di chi cammina solitario,
scrollando le spalle all'indifferenza,
lasciando cadere al suolo,
le etichette che gli vengono assegnate.
Eppure l'inferno non sta al fondo,
sotto ci stanno coloro che non hanno il rispetto per la vita,
liberi per se stessi,
ma capaci di violentare quella degli altri,
nascosti dietro il buonismo moderno,
di una civiltà incapace oramai di prendersi le proprie
responsabilità,
sbandierando la pace come vile comodo,
credendo che l'impossibile esista,
così come l'eterno,
capace solo di giustiziare pubblicamente gli innocenti,
schiacciandoli di opinioni che vengono da chi non ha mai vissuto nulla,
di chi si ritiene sano perchè non ha mai trasgredito,
ciò che gli è stato sotterrato nella mente
e marchiato come peccato.
Come le scritte sulle porte di questi gironi,
che rendono reo chi ha voglia di vivere,
godendo del dilagare degli ignavi,
i veri colpevoli di questo mondo.
Siedo al mio banco ticchettando le mie dita sulle assi,
pronto a ricevere chi non si racconta,
ma chi è,
chiunque che completamente nudo,
non nasconda il suo sguardo tra le spalle e dica
"Io sono!"