La gomma rotola sull'asfalto,
premendo sull'attesa,
come l'onda corre alla riva,
ti afferra e ti tira a se.
Come un ragno che tesse la sua tela,
fili di velluto rosso che ondeggiano ai tuoi passi,
orme sulla mia anima calde.
E le mani brandiscono il volante,
come le tue braccia lungo i fianchi
e lentamente il buio si dissipa tra le montagne,
mentre l'auto mangia l'asfalto,
come la mia bocca corre già lungo il tuo ventre,
increpando il velluto,
rendendolo vetrato,
tagliando la mia lingua sul tuo sapore,
seguendo quella strada che l'istinto guida,
che il desiderio taglia,
che la brama sospira.
E le labbra si scostano alla prepotenza di un bacio,
mentre le mani corrono a pretendere ciò che è mio,
ciò che è tuo.
L'anima cola sui nostri corpi
l'onda di lussuria,
il soffio del possesso,
inarcandoti la schiena
e le tue unghie si aggrappano alla mia carne
strappandogli la rabbia,
che ti solleva sopra aun tavolo,
mentre i piedi zompettano nell'aria
e pretendi di essere mia,
facendomi tuo.
E tutta la vita,
quella passata,
corre sul vetrato,
si mischia nella saliva,
nel suo urlo,
tra i sapori afferrati coi denti,
con la lingua
e penetra l'odore,
del bisogno di essere,
con la sua prepotenza,
con cui si apre strade una volta celate,
che apre porte in quell'anima che mi hai dato tra le mani,
che stringo con forza,
la serro in un pugno da cui calano i tuoi umori,
mentre le unghie squarciano ciò che ora desideri.
E il velluto si stende,
lasciandosi andare,
come drappi e tendoni di un sipario,
che ora si chiude al resto del mondo,
in cui viviamo,
che non ci deve disturbare.
venerdì 26 febbraio 2010
martedì 23 febbraio 2010
I'm the fly in your soup
I'm the pebble in your shoe
I'm the pea beneath your bed
I'm a bump on every head
I'm the peel on which you slip
I'm a pin in every hip
I'm the thorn in your side
Makes you wriggle and writhe
Mi han colorato Nero,
cercando così di nascondermi,
dietro un diabolico manto,
l'ho scelto,
l'ho fatto mio
e calzava a pennello,
trasportando lungo le fughe dei muri
il colare dei calcinacci mischiato al sangue,
la rabbia che affondava nell'asfalto che non si fermava tracciandovi strie continue.
And it's so easy when you're evil
This is the life, you see
The Devil tips his hat to me
I do it all because I'm evil
And I do it all for free
Your tears are all the pay I'll ever need
Mi hanno detto che son Nero,
pessimista,
che il mio buio mi fa vedere lo sporco del mondo ,
che non voglio accettarlo,
nascondendomelo agli occhi.
A me,
che il marcio l'ho tenuto in tasca,
chiuso dentro file di floppy disk,
steso sul catrame sanguinante,
scritto con la menzogna sopra documenti clericali,
per farne vanto di potere del silenzio.
Difficile non riconoscere un odore così forte,
voler cancellare la consapevolezza che non si cambia,
sperando nella venuta di un messia,
che non è mai esistito,
se il messia si figura in un essere umano.
While there's children to make sad
While there's candy to be had
while there's pockets left to pick
While there's grannies left to trip down the stairs
I'll be there, I'll be waiting 'round the corner
It's a game. I'm glad I'm in it
'Cause there's one born every minute
Il fatto che noi non siamo " buoni",
non vuole dire che siamo cattivi,
solo perchè la verità ha lame a volte sottili,
altre riescono a provocare squarci,
che sanguinano lacrime di assenza,
assenza alla realtà,
assenza alla vita,
assenza a se stessi.
E diventa inutile criticare il piacere di stare soli,
per non mischiarsi ad un mondo che non riconosci
e non ti capisce,
quando in realtà noi lo capiamo perfettamente,
dandogli le giuste opportunità di giustificarsi,
ma non siamo giudici,
se non ci viene chiesto
e quando è così,
la compassione che in noi è inesistente,
perchè la rifiutiamo anche verso noi stessi,
allora fende lame,
fende quel Nero,
quella tinta scura con cui siamo stati etichettati,
marchiati.
L'inferno non è un Luna Park
e nemmeno il luogo dei sogni proibiti,
ma è solo lo specchio delle nostre imperfezioni,
quelle che riconosciamo,
quelle che ho visto negli occhi dei miei spettri,
quando finalmente mi sono fermato
e ho lasciato che mi raggiungessero,
per girarmi a loro e capire.
Capire quale imperfezioni non erano tali,
quali andavano cambiate,
migliorate,annientate.
E le cicatrici sopra al mio corpo ne portano la testimonianza,
che stride agli squarci dell'anima,
che si specchia al buio delineando solo i contorni,
di un'essenza in continua analisi da me stesso,
vestito da demone,
terribile giudice,
che non accetta sconti alla sua pena,
ma che non è disposto neanche a concederli.
And it's so easy when you're evil
This is the life, you see
The Devil tips his hat to me
I do it all because I'm evil
And I do it all for free
Your tears are all the pay I'll ever need
And I do it all for free
Your tears are all the pay I'll ever need
And I do it all for free
Your tears are all the pay I'll ever need
Ho sempre visto il paradiso,come un luogo statico,
ma io non sono fatto per fermarmi,
noi non siamo fatti per farlo,
già morti,ma vivi.
venerdì 19 febbraio 2010
Così come sono
Da dietro le quinte di questo teatro,
spio attraverso gli orli delle tende.
La gente si aspetta che qualcosa sia cambiato,
di riuscire a comprendere cosa dice la mia voce,
di riuscirne a catturare i silenzi,
di dipanare gli enigmi.
Calco sicuro l'assito,
che flette sotto i miei piedi scalzi
le fibre del legno stagionato dal tempo.
Chi mi vorrebbe vedere strisciare invocando un aiuto,
chi fa suo ogni mio pensiero per ritrovarsi specchiato
in quell'immagine che riflette solo me stesso.
Chi si alza e se ne va disgustato,
girando di nascosto lo sguardo
per incrociare il mio che lo segue.
Chi applaude senza che abbia parlato
e forse avrebbe ragione,
se non fosse che lo fa credendosi affine senza ascoltare,
che quello che sente è la voce di un grillo
e non di una cicala.
C'è chi si ritrova nel suono del vento e te lo ributta contro
pensando che segua la stessa tua direzione e non
è pronto a vestirla,perchè ha paura,
quella che scrosta la ruggine dei chiodi,
che tengono fermo questo palco.
La sedia su cui mi sono seduto scricchiola sotto al mio peso,
stride alle mie parole senza un senso comune,
ribatte la corrente,
arma il bastone del bastian Conrario,
pesa sulle spalle,
gli si aggrappa tagliandole
e le mie lame che riflettono il buio del piacere,
quello che in troppi non volete vedere,
non cercano spettatori e la mia bocca si apre
e dice
"Andate"
Ora posso parlare.
Rimango ingestibile e non me ne vesto,
anche là dove tanti pensano che debba prevalere la ragione,
ma la loro,
non la mia.
Eppure in questo tempo,
la mia rabbia è cresciuta,
non in quantità,
ha imparato a diventare solo produttiva,
continua a solcare i suoi passi senza fare scalpore,
senza ditruggere in maniera da non poter ricostruire.
Il mio non riuscire a legarmi ha allentato la sua presa,
in maniera spontanea,
accogliendo tra le mie braccia chi mi ha donato tutta se stessa,
senza limiti,
senza eccezioni,
senza cercare di costruire affinità inesistenti,
accarezzando le differenze e stendendosi
su quei principi fondamentali che ci accomunano,
che non hanno bisogno di essere espressi,
che vengono rimarcati da ogni nstro gesto.
E accolgo il suo capo sulla mia spalla,
pretendendo e lasciandomi pretendere,
difendendo ciò che è mio,
perchè è la mia Vita.
E con gli occhi fissi nei suoi,
chiedere grazie,
perchè mi hai accettato,
senza giudizi,
così come sono.
spio attraverso gli orli delle tende.
La gente si aspetta che qualcosa sia cambiato,
di riuscire a comprendere cosa dice la mia voce,
di riuscirne a catturare i silenzi,
di dipanare gli enigmi.
Calco sicuro l'assito,
che flette sotto i miei piedi scalzi
le fibre del legno stagionato dal tempo.
Chi mi vorrebbe vedere strisciare invocando un aiuto,
chi fa suo ogni mio pensiero per ritrovarsi specchiato
in quell'immagine che riflette solo me stesso.
Chi si alza e se ne va disgustato,
girando di nascosto lo sguardo
per incrociare il mio che lo segue.
Chi applaude senza che abbia parlato
e forse avrebbe ragione,
se non fosse che lo fa credendosi affine senza ascoltare,
che quello che sente è la voce di un grillo
e non di una cicala.
C'è chi si ritrova nel suono del vento e te lo ributta contro
pensando che segua la stessa tua direzione e non
è pronto a vestirla,perchè ha paura,
quella che scrosta la ruggine dei chiodi,
che tengono fermo questo palco.
La sedia su cui mi sono seduto scricchiola sotto al mio peso,
stride alle mie parole senza un senso comune,
ribatte la corrente,
arma il bastone del bastian Conrario,
pesa sulle spalle,
gli si aggrappa tagliandole
e le mie lame che riflettono il buio del piacere,
quello che in troppi non volete vedere,
non cercano spettatori e la mia bocca si apre
e dice
"Andate"
Ora posso parlare.
Rimango ingestibile e non me ne vesto,
anche là dove tanti pensano che debba prevalere la ragione,
ma la loro,
non la mia.
Eppure in questo tempo,
la mia rabbia è cresciuta,
non in quantità,
ha imparato a diventare solo produttiva,
continua a solcare i suoi passi senza fare scalpore,
senza ditruggere in maniera da non poter ricostruire.
Il mio non riuscire a legarmi ha allentato la sua presa,
in maniera spontanea,
accogliendo tra le mie braccia chi mi ha donato tutta se stessa,
senza limiti,
senza eccezioni,
senza cercare di costruire affinità inesistenti,
accarezzando le differenze e stendendosi
su quei principi fondamentali che ci accomunano,
che non hanno bisogno di essere espressi,
che vengono rimarcati da ogni nstro gesto.
E accolgo il suo capo sulla mia spalla,
pretendendo e lasciandomi pretendere,
difendendo ciò che è mio,
perchè è la mia Vita.
E con gli occhi fissi nei suoi,
chiedere grazie,
perchè mi hai accettato,
senza giudizi,
così come sono.
venerdì 12 febbraio 2010
Immagini di gente che ti passa accanto,
mentre le unghie si imprimono sulle pagine del libro che leggi.
Fremente.
Corri sui pensieri dell'attesa
e le foglie cadono come sottili ali di farfalle,
posandosi sulla propria ombra ondeggiante.
Il cuore in gola regge il capo.
I miei passi silenziosi che si avvicinano.
Svelti.
Scansando le panchine,
evitando gli sguardi lungo il viale.
Ferma,
come protetta tra quelle righe del libro,
curiosa,
desiderosa di dare un odore alle parole,
di dare sapore a ciò che brami.
La tesa del cappello calata sul viso,
su quegli occhi che ancora non hanno visto.
Ti vedo.
Ti passo davanti irriverentemente,
per poi ritrovarmi dietro di te,
silenzioso come un'ombra celata al buio della luce,
quella che ricacciamo,
quella che nasconde ciò che ci ha fatto conoscere,
ciò che ci ha legati.
Ciò che ci ha portati ad Adesso.
E su quel filo che separa la notte dal giorno,
la mia voce esplode,
tagliando il buio,
mentre incontra l'emozione del suono,
ora così vicino alle tue orecchie,
quasi appoggiato dentro te
e lentamente volgi il tuo sguardo,
che si mischia nell'aroma di quel caffè,
che ha l'aroma di te e di me.
E il nostro istinto si incontra,
tenendosi per mano
e il viale su cui camminiamo non ha più confini
e mentre le labbra si sfiorano,
la pelle reclama,
pretende,
avvolge per essere avvolta,
gocce corrono lungo il calore delle cosce,
imprimendosi alla mia carne,
ritrovadosi sui fili che compongono una corda,
che interseca i suoi capi in un nodo,
per saldare ciò che in piena libertà decidiamo di dare,
spontaneamente,le anime si scaldano,
i corpi stridono il piacere,
i sapori colano dentro di noi.
E in questo autunno,
che è la nostra primavera,
mi attendi,
ancora tra le pagine di un libro,
quello che stiamo scrivendo insieme,
con le nostre dita sullo specchio,
che sorride sulle linee dei nostri corpi,
in quelle parole silenziose che si aggrappano al piacere,
scavando con le unghie la carne,
per scoprire che l'anima,
riflette ciò che il corpo chiede
e ad ogni passo non trovare il confine
di te e di me,
tirando la pelle,
per scoprire che tra le pieghe non si celano segreti,
ma ogni parte di Noi.
venerdì 5 febbraio 2010
I dettagli colano sul tuo corpo,
seguendo le linee che le gocce segnano
e le mani seguono
e rapide si aprono
per non lasciarne disperdere neanche un frammento.
Eppure sfogliano intonse risme di carte
sepellite nel tempo
e imprimono sensazioni indelebili sulla pelle,
che ne assorbe l'inchiostro
sul bordo delle labbra affamate,
tendendo fili che si uniscono
in una rete dalle maglie fitte,
tra cui serpeggiano come aghi le emozioni
evaporando l'odore del piacere.
E i corpi si distendono,
trafitti dalle punte dei denti,
dove le lingue segnano il passaggio
dell'anima sulla carne,
che rimane imprigionata in quella dell'altro,
vorticando in spirali che risucchiano il piacere rendendolo.
E le dita che prima tentennavano
ora si fanno strada dissipando pieghe,
come la schiena di un delfino che taglia l'onda,
mentre come un becco di un corvo,
le unghie segnano linee dai bordi arrossati,
stringendo sulle cosce
e traendole a se.
In quella concitata mattanza,
che profuma di salsedine,
dal sapore di miele salato,
tra quelle reti che ci tengono legati,
come la sottile tela di un ragno,
un soffio di vento
trema lo specchio dell'acqua,
vibrando note di eccitato silenzio,
non c'è suono nel suono,
ma tu sei ed io sono.
NOI
seguendo le linee che le gocce segnano
e le mani seguono
e rapide si aprono
per non lasciarne disperdere neanche un frammento.
Eppure sfogliano intonse risme di carte
sepellite nel tempo
e imprimono sensazioni indelebili sulla pelle,
che ne assorbe l'inchiostro
sul bordo delle labbra affamate,
tendendo fili che si uniscono
in una rete dalle maglie fitte,
tra cui serpeggiano come aghi le emozioni
evaporando l'odore del piacere.
E i corpi si distendono,
trafitti dalle punte dei denti,
dove le lingue segnano il passaggio
dell'anima sulla carne,
che rimane imprigionata in quella dell'altro,
vorticando in spirali che risucchiano il piacere rendendolo.
E le dita che prima tentennavano
ora si fanno strada dissipando pieghe,
come la schiena di un delfino che taglia l'onda,
mentre come un becco di un corvo,
le unghie segnano linee dai bordi arrossati,
stringendo sulle cosce
e traendole a se.
In quella concitata mattanza,
che profuma di salsedine,
dal sapore di miele salato,
tra quelle reti che ci tengono legati,
come la sottile tela di un ragno,
un soffio di vento
trema lo specchio dell'acqua,
vibrando note di eccitato silenzio,
non c'è suono nel suono,
ma tu sei ed io sono.
NOI
lunedì 1 febbraio 2010
Percorriamo insieme la strada in salita,
quella che porta a farti riconoscere a te stessa.
Quella su cui ti hanno fatto scivolare gli occhi,
che ti hanno visto come qualcosa di non buono,
troppo spesso da evitare.
Tu che dici di non aver riflesso,
impara a specchiarti nei miei occhi,
guardati,
guarda come ti vedo io.
Noi che sorridiamo ai nostri difetti,
che calchiamo le stesse orme,
che condividiamo gli stessi principi
e tutto semplicemente e spontaneamente.
Nella libertà di essere Noi stessi.
E le mani cercano ciò che desiderano,
quel rimarcare ciò che le anime dettano,
per far vibrare quella linea che unisce il rosso al nero
e si fonde confondendolo.
E il corpo si muove nella fantasia dei nostri giochi,
in quella danza di piacere,
di dolore,
che incita la mia rabbia nel possederti
e mi attira nel tuo pretendermi,
lungo la carne che si scosta
per farci entrare una nell'altro
e impugni stringendo ciò che è tuo,
come un marchio a fuoco sulla pelle,
che scende prepotente ad affogare nella tua indecenza.
Rapisci il mio sapore,
mentre mi nutro del tuo.
Appesi su queste infinite corde invisibili,
come un sogno ad occhi aperti,
che solo noi potremmo spezzare.
quella che porta a farti riconoscere a te stessa.
Quella su cui ti hanno fatto scivolare gli occhi,
che ti hanno visto come qualcosa di non buono,
troppo spesso da evitare.
Tu che dici di non aver riflesso,
impara a specchiarti nei miei occhi,
guardati,
guarda come ti vedo io.
Noi che sorridiamo ai nostri difetti,
che calchiamo le stesse orme,
che condividiamo gli stessi principi
e tutto semplicemente e spontaneamente.
Nella libertà di essere Noi stessi.
E le mani cercano ciò che desiderano,
quel rimarcare ciò che le anime dettano,
per far vibrare quella linea che unisce il rosso al nero
e si fonde confondendolo.
E il corpo si muove nella fantasia dei nostri giochi,
in quella danza di piacere,
di dolore,
che incita la mia rabbia nel possederti
e mi attira nel tuo pretendermi,
lungo la carne che si scosta
per farci entrare una nell'altro
e impugni stringendo ciò che è tuo,
come un marchio a fuoco sulla pelle,
che scende prepotente ad affogare nella tua indecenza.
Rapisci il mio sapore,
mentre mi nutro del tuo.
Appesi su queste infinite corde invisibili,
come un sogno ad occhi aperti,
che solo noi potremmo spezzare.
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