Fuori dal mondo,
mentre schizzi di un sole morente tracciavano l'aria coi suoi raggi,
impossibile distinguere quello che era,da quello che non sarà,a quello che è stato.
Mentre l'oca continuava a borbottare
il suo diniego al finire del giorno
e lasciavi cadere i tuoi capelli neri bagnati dal bagno
sulle tue spalle,
che contornavano bianche la maglia,
mentre l'aria si permeava del profumo del mangiare di nonna,
che canticchiava in quella lingua a me sconosciuta
arie che sembracvano famigliari.
Rimbombava nella porcilaia quel suono,
riflettendo. nei muri ormai vuoti,
quel senso di pace apparente.
E il tuo corpo grondava ancora
gocce dal semlice profumo
e mi guardavi come cercare in me la risposta
a chissà quali domande.
Incantati dal movimento ondeggiante del sedere delle oche,
che continuavano la loro cena aggrappate
al ribes coi loro becchi.
Niente le poteva disturbare,
come niente poteva intromettersi tra noi.
Le tue mani stringevano le mie spalle,
stanche del lavoro per dare una ripulita all'aia,
dienticata nella fatica del tempo,
abbandonata a se stessa da nonna,
incapace nel suo tempo a non lasciare
l'autogestione agli eventi.
Stringevi i miei muscoli fino a farmi male,
poi sorridevi,
lasciando cadere gocce dai tuoi occhi,
nel tuo altalenare di una bambina
e piano avvicinavi il tuo corpo al mio,
avvolgendolo con le tue gambe nude,
che uscivano dal bordo della maglia nera,
risaltando il colore della tua pelle bianca,
profumata,
appena lavata.
E le mie mani scendevano tra il tuo seno,
scivolando sulla carne
e godendo del calore della stretta,
afferrando i tuo capezzoli,
stringendoli nel loro rossore,
come bacche di ribes.
E la tua bocca lasciava alitare sospiri
e cercava la mia,
per poi spingerla su quella parte di te
a suggerme l'emozione di un momento,
a sentirti ansimare
mentre i denti rapivano il tuo piacere
e come spine le tue unghie strappavano la mia schiena
attirandola a te.
E la tua mano accarezzava ciò che volevi,
confondendo il profumo dell'ora del vespro
e abbracciando da sotto il cotone il mio piacere
attirandolo a se.
Schiacciasti bacche di ribes sopra la mia pelle,
mentre la mia bocca si nutriva di te
e nonna continuava a chiamarci
per invitarci alla cena
non sapendo che stavamo mangiando,
che il vento sofffiava tra i nostri sospiri,
che la tua maglia copriva le mie cosce
che il tuo sesso nascondeva il nostro piacere
dentro di te.
E puntavi i talloni sui sassi,
tremando ad ogni mio colpo,
soffocando il mio respiro nel tuo seno,
che spargeva lacrime rosse sul mio petto,
come una mano che spreme un grappolo di ribes sopra al cuore.
E oggi d'impronta bucolica ma entusiasmante come sempre. Ho trattenuto il respiro fino all'ultimo verso! Godere godere godere!
RispondiEliminaun bacione
Le tue parole fanno fremere il mio cuore, come sempre...come iniezioni di emozione pura che solo qui posso trovare.
RispondiEliminaGrazie Nero Poeta, che dai da mangiare al mio cuore!
sempre fantastico e intrigante, in tutto ciò che scrivi.. un saluto =)
RispondiEliminaSpremuta di ribes sulla mia maglietta bianca, sembra il sudore rosso. Un'apposita macchia, una pozza verticale.
RispondiEliminaChe bello ciò che è stato. Che bello ciò che non sarà. Che bello ciò che è.